L’allarmante fenomeno del furto dei gatti di proprietà è emerso negli ultimi tempi e si sta progressivamente ampliando.
Da qualche anno in Italia comincia ad emergere il fenomeno del furto di animali d’affezione, in particolare di gatti.
“Si tratta di gatti in salute che scompaiono nel nulla senza lasciare traccia”, spiega la dott.ssa Sandra Benini, Medico veterinario esperta in comportamento animale e chiamata per la consulanza in alcuni casi di sparizioni.
“Le indagini partite in tutta Italia hanno portato a capire che non si tratta di un fenomeno isolato, ma diffuso su scala nazionale e di cui si sono interessate anche TV e carta stampata”.
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Quali sono le ragioni di queste scomparse di gatti?
Una delle principali, e anche la più sottovalutata dal punto di vista della gravità dell’atto, è il cosiddetto “fuoco salvifico”.
In questi casi il gatto vagante è prelevato (anche se non è in stato di difficoltà), perché considerato in pericolo e quindi da salvare.
Altra motivazione è lo scopo di lucro: gli animali vengono prelevati e dati in adozione con richiesta di rimborso di – inesistenti – spese veterinarie, trasporto e altro.
Cosa fare in caso di sparizione del proprio gatto?
Qualunque sia la ragione, l’importante è non limitarsi a riferire o sfogarsi sui social per l’accaduto, ma è essenziale denunciare.
“E denunciare subito alle autorità competenti” ha tenuto a precisare nel suo intervento il colonnello Pier Luigi Fedele, comandante dei Carabinieri Forestali di Parma, una Provincia, purtroppo, centro di numerosissimi casi di sparizione.
“La tempestività è importante, perché alcune prove (ad esempio campioni salivari, tracciati delle telecamere, ecc.) dopo settimane o mesi non possono più essere utilizzate.
I social non sono la strada giusta per arrivare ad ottenere dei risultati”.
Cosa dice la legge in caso di furti di gatti o altri animali?
Secondo l’avvocato Diana Cerini, professore ordinario all’Università Bicocca e direttrice del corso sul diritto e benessere animale e dell’Osservatorio sui diritti animali, “Parlare di furto è già un problema.
Quando si parla di furto ci si riferisce a cose mobili che sono state sottratte. Cose, appunto”
Ed è così che ancora sono considerati dal punto di vista giuridico gli animali.
“A questo proposito si sta muovendo qualcosa: dal 9 marzo 2022, infatti, finalmente abbiamo la parola ‘animali’ nella Costituzione”.
Si tratta di un inizio. Quantomeno ci si è allineati ai Paesi più avanzati da questo punto di vista, che riconoscono un valore alla figura dell’animale non solo come fauna o elemento della biodiversità, ma anche come soggetto.
E questa menzione nella Costituzione obbligherà a lavorare in un modo diverso anche rispetto al furto di gatti o altri animali.
Perché “anche se il termine ‘cosa’ è ancora tecnicamente corretto dal punto di vista giuridico, è evidente che questa modifica costituzionale obbligherà a una riflessione ulteriore anche il Legislatore”.
I doveri dei proprietari
In quanto “cose”, nel caso dei familiari dell’animale si parla di “proprietari”.
D’altronde non c’è ancora un termine alternativo univoco nemmeno a livello sociale.
Il gatto come animale d’affezione è tutelato in quanto animale, ma la legge individua anche i doveri del proprietario.
Questo è infatti obbligato a prendersene cura, cioè accudirlo, custodirlo, cioè premettere all’animale di vivere in base alle sue caratteristiche etologiche, e curarlo.
A questo proposito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 22579 del 2019, ha stabilito che non portare il proprio animale malato dal Medico veterinario per sottoporlo alle cure necessarie si configura come reato di maltrattamento, punito dal Codice penale.
Per quanto riguarda la custodia delgi animali, il Regolamento Comunale del Comune di Bari per la tutela dei diritti degli animali menziona espressamente la situazione di gatti di proprietà lasciati liberi di vagare sul territorio aggiungendo che “è consigliabile che i proprietari o detentori provvedano alla sterilizzazione degli stessi”.
È chiaro che anche in questo caso possono esserci dei rischi (incidenti stradali, lesioni, liti con altri animali, ecc., in cui c’è la responsabilità del proprietario verso la persona danneggiata), ma si tratta di valutazioni da fare volta per volta, dato che “custodia” non vuol dire necessariamente segregare l’animale in casa.
Di fronte al dovere di custodia, nel momento in cui il gatto non rincasa, è obbligatorio per il proprietario fare la denuncia alle autorità competenti.
Questo atto, com’è stato precedentemente detto, è fondamentale dal punto di vista giuridico.
Furto di gatti voluto o “involontario”?
Gli scenari possibili che sono stati individuati in caso di furti di gatti sono due.
Furto in senso tecnico
È la situazione di chi si impossessa di un animale (sottratto da un’abitazione privata o da un giardino privato, ma anche libero) con dolo, al fine di trarne un arricchimento (rivendita, attività criminali, pseudo-affidi del cuore).
Non trattandosi di un “soggetto” non si parla di rapimento.
Dove non individua dei fenomeni troppo cruenti o lucrativi la giurisprudenza è abbastanza morbida, perché tende a qualificare il furto come di lieve entità.
Questo però probabilmente non sarà più possibile alla luce della riforma costituzionale e dell’innalzamento anche in altre forme della tutela degli animali.
Non si potrà più quindi qualificare il furto di un animale d’affezione come di lieve entità e portare a un’assenza di sanzione penale.
Furto senza fine di lucro
È una situazione più delicata, ma è previsto comunque un dovere eventuale di risarcire sul piano civile.
Nel momento in cui ci si rende conto che non si tratta di un animale abbandonato, infatti, si deve fare di tutto per cercare il proprietario.
Anche in questo caso la denuncia del proprietario è fondamentale.
È comunque indubbio che in questi casi ci sia la necessità di rendere più rigido l’impianto sanzionatorio, a fronte dell’importanza del legame che il compagno umano ha con l’animale, la cui perdita può provocare una vera sofferenza fisica e morale.
A questo proposito, nei mesi scorsi il Regno Unito ha preso in seria considerazione il problema, proponendo il reato di “rapimento degli animali domestici”.
Le pene arrivano fino a 7 anni di carcere, equiparando la sottrazione di animali al sequestro di persona proprio in virtù del legame che si instaura con la famiglia.
La prevenzione: il microchip anche per i gatti
Al fine di arginare i fenomeni criminali o non corretti sarebbe utile agire con opportune misure gestionali.
Ad esempio allestire ambienti esterni con reti che chiudono completamente lo spazio scelto per il gatto, oppure mantenendo il felino in casa o l’unione di questi metodi preventivi.
Fondamentale è però l’uso di strumenti di riconoscimento come il microchip.
Solo il 2% dei gatti smarriti senza microchip viene restituito ai legittimi proprietari, mentre più del 40% dei gatti con microchip viene restituito.
Si tratta dunque di uno strumento che dovrebbe cominciare ad essere utilizzato abitualmente non solo nei cani.
Tuttavia spesso se ne sottovaluta l’importanza nel gatto. Il fenomeno delle scomparse prima non c’era e adesso c’è, ma soprattutto è un fenomeno che si sta allargando.
Il microchip nei gatti è quindi importante perché:
- è utile per la prevenzione di furti;
- è utile per l’identificazione dell’animale anche dopo eventuale decesso;
- è facile da inserire. Si tratta infatti di una struttura elettronica inclusa in un cilindro di materiale inerte e resistente delle dimensioni di un grano di riso iniettato tramite un ago ipodermico;
- è indolore;
- contiene un numero e in alcuni casi poche altre informazioni e non è un GPS (garanzia di privacy);
- i casi di reazione al microchip sono rari e l’insorgenza di neoplasie associate all’impianto è molto rara e con un’associazione causale tutta da dimostrare;
- i dati contenuti nel microchip sono facilmente letti da un apparecchio a scansione in possesso di ogni veterinario.