Il tribunale di Oslo ha vietato in Norvegia l’allevamento del Bulldog inglese e del Cavalier King Charles.
Il verdetto, pronunciato lo scorso 31 gennaio, si basa sul fatto che questa pratica infligge a questi animali “una sofferenza incompatibile con la legge sulla protezione degli animali”.
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Azione legale contro l’allevamento di Bulldog inglese e Cavalier King Charles
Questa azione legale è stata intentata dalla Società norvegese di protezione degli animali, contro sei singoli allevatori e tre club di razza.
La sua presidente, Ashild Roaldset, ha spiegato che “molte delle nostre razze da riproduzione hanno una spiccata consanguineità e portano quindi un pesante fardello in termini di malattie”.
Inoltre, denuncia in particolar modo le esasperazioni delle caratteristiche morfologiche o ipertipi (soprattutto la sindrome brachicefalica) e le malattie ereditarie che colpiscono la maggior parte dei soggetti di queste due razze.
Ad esempio la malattia degenerativa della valvola mitrale nel Cavalier King Charles oppure nel Bulldog inglese anche il frequente ricorso al taglio cesareo.
Su quest’ultimo argomento, i giudici hanno ritenuto che “l’incapacità genetica della razza di partorire naturalmente è di per sé una ragione per cui il Bulldog inglese non debba più essere utilizzato per l’allevamento”.
Questa decisione non ha ancora però forza di legge, perché c’è un ricorso contro questo verdetto del tribunale.
Nonostante ciò, le associazioni per la protezione degli animali hanno accolto favorevolmente questa azione di divieto.
Gli allevatori devono rivedere il loro lavoro di selezione
Di contro, gli allevatori – costernati per questa decisione – sono consapevoli dei problemi legati agli ipertipi e alle malattie ereditarie.
Si dicono però capaci di rivedere la selezione dei loro riproduttori e di accentuare la diversità genetica.
In questo senso, i giudici e la Società norvegese di protezione degli animali li incoraggiano a fare incroci con altre razze che siano scientificamente validi.
Un altro problema è stato sollevato, perché questa sentenza non vieta il possesso, la vendita e l’importazione di queste due razze.
È vietato solo il loro allevamento.
Per alcuni vi è quindi il rischio di un afflusso di cani provenienti da traffico di animali o allevamenti stranieri poco affidabili.
L’allevamento deve promuovere animali sani e forti
La World small animal veterinary association (WSAVA) ha reagito alla sentenza di Oslo sostenendo gli sforzi della Società norvegese protettrice degli animali.
La WSAVA ha ricordato la legge per la protezione degli animali che stabilisce come “l’allevamento deve promuovere le caratteristiche che permettono di ottenere animali forti e sani”.
Inoltre, riconosce le gravi conseguenze, in termini di salute e benessere, provocate dagli ipertipi e dalle malattie ereditarie generate da un’elevata consanguineità.
Secondo l’Associazione questo verdetto è un forte segnale per invitare gli allevatori a rivedere seriamente la loro pratica di lavoro.
L’associazione raccomanda che all’interno dell’allevamento sia data priorità alla salute degli animali
In particolare, consiglia fermamente di correggere gli standard di razza al fine di evitare gli ipertipi.
È importante poi stabilire guide per le buone pratiche di allevamento ed effettuare una migliore selezione degli animali da riproduzione e, per finire, di informare il pubblico prima dell’acquisto.