Non pulire le feci lasciate dal proprio cane: cosa dice la legge

L’attenzione a evitare che il cane imbratti l’ambiente con le proprie deiezioni non deve venire meno in condominio, con riferimento sia agli spazi esterni del giardino o del cortile sia a quelli interni di androne, scale e pianerottoli. Il motivo è igienico e attiene al decoro, ma anche connesso alla responsabilità dei proprietari o ai detentori degli animali stessi a risarcire eventuali danni a terzi.

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A cura di: Dott.ssa Paola Fossati

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Cosa dice la legge per chi viene scoperto a non pulire le feci lasciate dal proprio cane? Chiunque consenta che il proprio cane (o anche un altro animale domestico) depositi escrementi nelle parti comuni del condominio, quali le scale, l’androne, il vialetto d’accesso o il giardino oppure sul muro del palazzo, può essere riconosciuto colpevole del reato di imbrattamento della cosa altrui (art. 639 del Codice Penale).

Una multa fino a 1.000 euro

Come sanzione, è prevista una multa da 103 a 1.000 euro, che può essere aumentata fino a 10.000 euro e accompagnata con la pena della reclusione da tre mesi a due anni, in caso di recidiva.

Non si deve sottovalutare il fatto che questo reato si compie anche se l’imbrattamento è temporaneo, superficiale e di modesta entità.

Anzi, proprio la possibilità di rimuovere facilmente lo sporco lo differenzia dal caso in cui le conseguenze siano permanenti, al punto da deteriorare o rendere in tutto o in parte inservibili i beni altrui (mobili o immobili).

In quest’ultima circostanza, si tratta del reato di “danneggiamento”.

Attenzione, quindi, se il deposito non rimosso delle deiezioni diventa frequente e di entità tale da creare questo tipo di conseguenze irreversibili.

Segnalare chi non intende pulire le feci del cane: a chi rivolgersi

I condomini possono rivolgersi all’amministratore per segnalare la situazione anomala di sporcizia e chiedere che venga garantito il ripristino del decoro sia dell’immobile sia, in ultima analisi, della possibilità di godimento delle parti comuni.

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Qualora l’intervento dell’amministratore non bastasse a indurre il proprietario dell’animale a ripulire le aree imbrattate e a evitare ulteriori problemi, nel caso dell’imbrattamento si potrà procedere con una querela nei confronti del proprietario stesso, oltre a richiedere il risarcimento dei danni in sede civile.

Il reato danneggiamento semplice è stato, invece depenalizzato, quindi non si potrà sporgere querela; ci si potrà, però, sempre rivolgere al giudice civile per ottenere il risarcimento del danno e, a carico del responsabile, potrà essere aggiunta una sanzione pecuniaria fino a 8000 euro (che sarà incassata dallo Stato).

Un esempio di danneggiamento che non è stato più considerato reato è quello della proprietaria di un cane, che, per dispetto, aveva consentito che il suo animale sporcasse con le deiezioni, solide e liquide, la biancheria stesa sul balcone del vicino che abitava al piano sottostante (Cass. pen. Sez. II, Sent. n. 13970/2018.

Ma anche questa sentenza non ha messo in dubbio la possibilità del vicino di agire in sede civile.

Non pulire le feci del cane sul marciapiede

Il reato di imbrattamento può essere commesso anche da chi non raccoglie gli escrementi del cane in luogo pubblico (sulla strada, sul marciapiede, ecc…).

La sanzione aumenta se il fatto coinvolge beni immobili o mezzi di trasporto pubblici o privati e la pena è ancora più severa se le feci non raccolte imbrattano beni di interesse storico o artistico (reclusione da tre mesi a un anno e multa da 1.000 a 3.000 euro).

Per le deiezioni liquide, l’accortezza di lavare la parte imbrattata con acqua può consentire di evitare la condanna in caso di denuncia (come stabilito dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 7082/2015).

Questo comportamento, infatti, dimostra che si aveva la volontà di porre rimedio.

Si tratta, peraltro, di un’azione resa obbligatoria da alcuni regolamenti comunali, per cui è sempre opportuno informarsi se ne esista uno nella città in cui ci si trova.

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