Attenzione a chi non mostra rispetto per gli animali e non si cura del loro benessere, i maltrattamenti possono avere gravi conseguenze legali.
Il momento per segnalare le situazioni a rischio non deve essere quello in cui ormai “è troppo tardi” e ricordiamoci che lo si può fare anche se un danno effettivo non c’è (ancora) stato.
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Problemi con i vicini di casa
Avere in famiglia un animale può procurare dissidi con i vicini di casa, se non si fa attenzione a evitare disturbi o altro tipo di “interferenze” con la loro tranquillità.
Ma, quando questo succede, nessuno dovrebbe pensare di prendersela con l’animale, né tanto meno di poterlo maltrattare.
Invece, un uomo ha pensato di lanciare sassi contro i cani, che erano sul terrazzo della casa accanto alla sua.
Per fortuna, gli animali non hanno subito alcun danno. Il loro proprietario ha, però, denunciato l’accaduto, che è giunto fino all’attenzione della Corte di Cassazione.
I giudici hanno osservato che l’intenzione dell’uomo di nuocere ai cani doveva essere considerata “inequivoca”, in quanto egli si era avvicinato al terrazzo, soffermandosi nella zona immediatamente sottostante.
Da lì, aveva lanciato le pietre, mirando deliberatamente ai cani.
Tentato delitto o maltrattamento degli animali
Il punto interessante della sentenza sta nell’affermazione che, in casi come questo, non è necessario che un’azione potenzialmente lesiva provochi un danno concreto, perché la si possa considerare punibile.
Basta, infatti, che sia accertata la sua potenziale pericolosità e sia chiaro il collegamento tra ciò che è stato fatto e il male che ne sarebbe potuto derivare.
In pratica, è sufficiente dimostrare il “tentato delitto” (art. 56 c.p.) per condannare chi lo ha commesso.
La Suprema Corte ha confermato che questa garanzia, così importante per le scampate vittime, può essere estesa anche agli animali.
In questo caso, il potenziale delitto era rappresentato dal reato di maltrattamento di animali (art. 544-ter), che si sarebbe verificato se l’uomo fosse riuscito nel suo intento di colpire i cani.
L’aspetto rilevante per configurare il delitto tentato è la possibilità di ravvisare l’intenzionalità (dolo) di nuocere.
Per il maltrattamento di animali, questa intenzionalità deve essere caratterizzata dalla crudeltà o assenza di necessità di porre in essere il comportamento potenzialmente lesivo.
Nel caso in esame, l’azione di prendere a sassate animali, mirando direttamente a loro, è sicuramente stata un’azione volontaria e altrettanto sicuramente implicava crudeltà, oltre che un gesto tutt’altro che necessario.
Non si può nemmeno escludere che chi compie un simile gesto abbia la consapevolezza di poter causare una lesione agli animali.
In aggiunta, anche qualora dovesse intervenire qualcuno a evitare il verificarsi del reato tentato, la colpa rimarrebbe.
Reati contro gli animali anche solo se tentati
La pronuncia della Corte ammonisce chiunque pensi di poter agire senza rispettare gli animali, la loro salute, il loro benessere.
In questo senso, i giudici esprimono sensibilità alle esigenze di tutela degli animali e dimostrano di considerare importante il loro interesse a non soffrire, quando messo in pericolo.
Questa posizione non è totalmente nuova. In altre occasioni, ci sono state sentenze che hanno punito chi si era reso responsabile di reati contro gli animali.
Le azioni però, in questi casi, erano state in genere più estreme: uccisioni, avvelenamenti, maltrattamenti effettivi e gravi a seguito dei quali gli animali hanno subito ferite, traumi (fisici o anche psicologici), l’impossibilità di vivere secondo la propria natura.
Comportamenti con conseguenze pesanti, intollerabili e contrari a quelli attesi in un paese civile e nel quale l’informazione e la sensibilità hanno apparentemente raggiunto un livello evoluto.
Quindi, ci si può aspettare che siano considerati inaccettabili non solo dalla società, ma anche nella giurisprudenza.
Invece, il solo tentativo (non riuscito) di nuocere a un essere vivente non umano sembrava più difficile da considerare grave.
È stato, dunque, importante aver trovato conferma che invece lo sia, anche perché purtroppo episodi di questo tipo sono più frequenti di quanto si possa immaginare.
Tentata uccisione di animali
Solo per fare qualche esempio, possiamo ricordare il caso di una donna, che aveva gettato il proprio cane nel cassonetto dei rifiuti.
Lo aveva legato in modo che non potesse uscirne e fosse, così, destinato a essere inghiottito dal meccanismo tritarifiuti della nettezza urbana.
Il fatto era stato scoperto e, anche se il cane era stato salvato, la crudele proprietaria era stata denunciata e condannata per la “tentata uccisione” del povero animale (Artt. 56, 544 bis c.p.).
Un’altra volta in un contesto di vicinato, il giudice riconobbe sempre il tentato delitto di uccisione di animali per il lancio di polpette avvelenate a un cane ritenuto molesto perché abbaiava.
Ancora, un ragazzo è stato accusato di tentata uccisione di animali per aver sparato a due cani, non riuscendo a farli morire, ma procurando loro serie ferite.
Azioni spregevoli di questo tipo a lungo sono state sottovalutate e rimaste impunite, in quanto non giunte all’epilogo tragico.
Ora, il fatto che siano arrivate all’attenzione di un giudice è già di per sé sintomo di come sia aumentata la considerazione degli interessi degli animali.
Ed è anche cresciuta la stigmatizzazione delle condotte deliberate che li possono danneggiare.
Vorremmo però sottolineare che, se sono apprezzabili le sentenze che puniscono chi volontariamente mette gli animali a rischio di morire, è ancora più significativa una condanna per un gesto apparentemente meno pericoloso come il (solo) lancio di sassi andati a vuoto.
Nessuno deve pensare che minacciare la vita o anche solo il benessere di un animale sia una cosa “normale”, sulla quale si può anche sorvolare!