È abbastanza comune il fatto di avere a che fare con storie e aneddoti relativi al lutto negli animali domestici, ma non si può escludere che questi episodi possano essere influenzati dalla visione umana che tende, per sua natura, ad antropomorfizzare gli animali e rivedere le proprie emozioni riflesse.
Se è vero che John Arcer nel suo famoso “La natura del lutto” affermava senza esitazione “Il lutto capita in altre specie animali e negli uccelli dopo la perdita di un genitore, un figlio o un compagno” e lo stesso professor Mark Bekoff affermi che “non c’è nessun dubbio che gli animali possano attraversare dei momenti di lutto”, ancora oggi non esiste una ricerca che possa confermare che gli animali domestici abbiano a che fare con un’emozione così complessa.
Sicuramente i nostri animali più vicini condividono lo stesso substrato neurale che potrebbe potenzialmente consentire la formazione di strutture sociali complesse e quindi di legami che vadano al di là della relazione durante la vita, legati al ricordo e alla memoria.
Cani, gatti e cavalli vengono spesso riportati nelle cronache vicino alle tombe dei proprietari o vicini a conspecifici privi di vita. Dal punto di vista etologico, però, non è ancora chiaro cosa ci sia dietro questi atteggiamenti.
Eppure, davanti all’opinione pubblica, l’esitazione è inferiore. Nel 2008, Morris e il suo gruppo di ricerca chiesero a 907 proprietari di cani, gatti, cavalli, roditori e uccelli quali emozioni avessero osservato nei propri animali.
Come atteso, i proprietari riportarono con maggior frequenza le emozioni primarie (innate, istintive) rispetto alle secondarie (percepite, valutate) per tutti gli animali domestici presi in considerazione.
Tra le emozioni secondarie, la gelosia era quella più frequentemente riportata dai partecipanti oscillando da un minimo di osservazioni del 17% nel caso degli hamster fino all’81% nel caso dei cani.
Il lutto, come emozione secondaria, venne osservata, secondo i proprietari, nel 37% degli animali.
I cani venivano definiti come gli animali a più ampio spettro emotivo, seguiti da gatti e cavalli.
Il livello e l’intensità del legame di attaccamento sembrano giocare un ruolo fondamentale nel modo in cui le persone sostengano che gli animali siano o meno capaci di manifestare un pattern comportamentale riconducibile alla espressione della perdita e del lutto.
Quanto più l’animale è in grado di instaurare un legame di attaccamento con l’essere umano, quanto più è verosimile che chi convive con un animale assegni allo stesso animale la capacità di percepire dolore dopo una perdita.
La familiarità con un animale – intesa proprio come convivenza o possesso di un animale – era correlata al livello di emozioni attribuite agli animali dalle persone stesse.
FONTE: LaSettimanaVeterinaria