Virus molto contagioso, il polyomavirus può dare nei pappagalli varie forme cliniche a seconda di età, specie e immunità dei soggetti.
In animali adulti con una buona capacità del sistema immunitario, la malattia può non dare mai sintomi, può però causare la morte degli embrioni o dei piccoli appena schiusi.
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Un virus molto contagioso e resistente
La frequenza della malattia nelle nursery infette degli allevamenti di pappagalli può raggiungere il 100%.
La diffusione e l’infezione di nuovi soggetti avviene tramite contatti con soggetti portatori, feci e forfora cutanea.
Si tratta di un virus particolarmente resistente anche all’ambiente esterno.
I soggetti eliminatori possono continuare a eliminare per via cloacale e diffondere grandi quantità di polyomavirus per parecchi giorni.
Fonti di diffusione del virus possono essere luoghi di scambio come mostre, manifestazioni o l’inserimento nelle nursery di soggetti di diverse specie.
Particolare attenzione va posta anche nei negozi di animali dove quarantena, pulizie e disinfezioni scrupolose devono sempre essere rispettate.
Pappagalli asintomatici e portatori di polyomavirus
L’incubazione del virus è variabile. A seconda delle specie si osservano infatti tempi diversi.
Negli ondulati ad esempio è molto breve, ovvero 2-7 giorni.
In specie di dimensioni maggiori varia invece dai 7 ai 14 giorni.
Durante l’incubazione il soggetto infetto può dare risultati negativi ai test specifici, in quanto la quantità di virus a livello ematico o intestinale non è rilevabile.
Alcuni soggetti giovani possono divenire tolleranti al virus ed eliminarlo nell’ambiente senza mostrare sintomi.
Altrettanti adulti di specie più resistenti possono non manifestare viremia, quindi l’infezione non è in loro rilevabile a livello ematico.
In altri casi l’eliminazione a livello cloacale del virus è inferiore ai 60 giorni.
Polyomavirosi nei pappagalli: forme cliniche diverse o mortalità improvvisa
Le forme cliniche della malattia dipendono da età, specie, patologie concomitanti (ad esempio patologie immunosoppressive come PBFD o Bornavirus).
In genere la polyomavirosi si osserva in parrocchetti dal collare o monaci, pappagallini ondulati, conuri, ecletti, inseparabili, calopsite, ara.
Queste specie sono maggiormente sensibili al virus, ma non sono le uniche in grado di infettarsi.
L’infezione nei pulli
I pulli che si infettano con il virus possono andare incontro a morte molto rapidamente.
Ad esempio, nelle cocorite i soggetti ammalati appaiono deboli, manifestano tremori o convulsioni.
Il virus replica rapidamente a livello epatico. La cute quindi può apparire itterica e possono essere presenti emorragie a livello di follicoli o sulla cute e venire a morte in 10-20 giorni.
Nei pulli di conuro invece si è osservato un periodo prima della manifestazione dei sintomi di 1- 6 settimane; nelle ara invece da 4 fino a 14 settimane.
Forma cronica di polyomavirus nei pappagalli
La forma cronica, più evidente nelle cocorite, riguarda una grave alterazione del piumaggio.
Si ha perdita delle penne timoniere e remiganti e ricrescita di penne deformi, in cui persistono le guaine, non adatte al volo.
Questa malattia con presenza di sintomi non è curabile.
Il Medico veterinario può solo cercare di incrementare l’immunità del soggetto colpito e curare eventuali infezioni secondarie.
Bisogna sostenere l’animale con vitamine e cibo e cercare di facilitare la vita a un uccello che si trova menomato nel piumaggio o debilitato.
Alcuni allevamenti praticano la vaccinazione, che non assicura però un’immunizzazione duratura e completa.
Esiste poi una difficoltà oggettiva all’approvvigionamento di un vaccino non registrato in Italia, che necessita quindi di deroghe e autorizzazioni.
Esami specifici e quarantena preventiva
L’eliminazione cloacale del virus è piuttosto duratura.
In media circa 3-11 settimane, ma nelle ara può persistere fino a 135 giorni.
Addirittura 18 mesi nelle calopsite (specie piuttosto resitenti al virus).
Anche la viremia può perdurare per 10 settimane. A livello ematico si possono prò avere casi di falsi negativi al test genetico o sierologico, soprattutto nelle prime 2-3 settimane dall’infezione.
In caso di positività è consigliato ripetere il test e valutare i sintomi.
In mancanza di sintomi dopo 90 giorni si possono verificare 2 possibilità:
- test ancora positivo e quindi soggetto portatore sano in grado di infettare altri soggetti;
- test negativo per cui il soggetto è riuscito a eliminare il virus in modo naturale.
Vista la variabilità dell’eliminazione del virus a livello cloacale e della viremia o sieroconversione (presenza di anticorpi) è consigliabile una quarantena di 4 mesi (6 per gli ondulati) dei soggetti di cui non si conosce la storia sanitaria.
Oppure si può procedere a controlli ripetuti a partire da 2 settimane dall’arrivo in allevamento.