La ludoterapia, ovvero la terapia del gioco, può essere utile per aiutare il gatto o comunque tutti quei soggetti che manifestano ansia o depressione o che stanno vivendo un momento particolarmente stressante scatenato magari da un cambiamento nella routine quotidiana come un trasloco o l’arrivo di un secondo animale in casa.
Inoltre, è senza dubbio utile per correggere determinati comportamenti indesiderati e in tutte quelle condizioni in cui sussiste un problema relazionale tra il pet e un familiare.
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Il gioco ha un vero e proprio potere terapeutico
Il gioco ha un vero e proprio potere terapeutico se ben fatto ed apporta numerosi benefici non solo al pet, ma anche al suo proprietario, anche in questo caso, in base alle necessità il medico veterinario comportamentalista valuterà quali siano i giochi maggiormente utili ai fini terapeutici: ad esempio per gatti anziani per stimolare le attività cognitive sono particolarmente indicati i giochi di attivazione mentale che stimolano l’animale a cercare e a risolvere un determinato problema.
Ludoterapia? Fondamentale la presenza del medico veterinario
Generalmente si consigliano in generale sessioni di 5-10 minuti da ripetere più volte nell’arco della giornata in base alle necessità dell’animale e della situazione che sta vivendo.
È comunque sempre e solo compito del medico veterinario comportamentalista individuare, tramite la visita comportamentale, le modalità con cui intraprendere la ludoterapia e valutare chi tra i familiari coinvolgere in questa attività.
Stimolare sempre il gatto con il gioco
I gatti hanno un’eccellente curiosità esplorativa e sono particolarmente adatti a risolvere i problemi, inoltre sono virtuosi dell’euristica, è quindi capace di risolvere i problemi senza l’aiuto di nessuno, questo per via della sua natura di predatore.
Tuttavia, tale capacità con la senescenza potrebbe scemare; ecco perché occorre stimolarli proponendoli questo tipo di giochi e nel caso aiutarli, solo se sono in difficoltà.
Tratto da: “Il ruolo del gioco nella vita del gatto” di Irene Cassi – La Settimana Veterinaria