Nessuno finora aveva però indagato la possibilità che l’olfatto canino fosse in grado di rilevare anche l’avvicinarsi di una crisi epilettica, forse perché esistono diverse tipologie di crisi, con origini altrettanto diverse che potrebbero avere a loro volta profili olfattivi variabili.
Alcuni ricercatori dell’Università di Rennes in Francia hanno dunque raccolto questa sfida, ipotizzando l’esistenza di una componente olfattiva specifica per le crisi e comune ai diversi soggetti e ai diversi tipi di convulsioni, e distinguibile dagli altri odori della persona epilettica in altre situazioni di vita.
Nello studio, pubblicato su Nature, sono stati coinvolti cinque cani addestrati a riconoscere particolari odori delle persone, legati a specifiche condizioni, quali appunto diabete, ansia ed epilessia.
Esiste un odore associabile alla crisi epilettica
Lo studio dimostra innanzitutto che effettivamente esiste un odore specifico associabile alle crisi epilettiche, comune a tutti gli individui a prescindere dalla forma della malattia e dal tipo di convulsioni.
Inoltre, i ricercatori hanno segnalato che, diversamente da quanto accade con malattie come il diabete o forme neoplastiche, dove le patologie hanno carattere continuo, i cani sono stati in grado di riconoscere un odore legato a una situazione momentanea.
Ovviamente saranno necessari ulteriori studi per definire esattamente quali componenti siano associate a questo odore.
Inoltre, i ricercatori ricordano come siano segnalati casi di cani che – anche senza specifico addestramento – sembrano prevedere l’avvento di una crisi epilettica nei loro padroni, forse per la presenza di uno specifico odore o anche grazie all’osservazione di specifici atteggiamenti o posture che questi potrebbero assumere all’avvicinarsi di questa situazione.
Sarebbe quindi interessante svolgere ulteriori studi per verificare se esiste anche uno specifico odore “pre-crisi”, che rilevato e segnalato dai cani consentirebbe alla persona di mettersi in sicurezza prima del sopraggiungere delle convulsioni.
FONTE: La Settimana Veterinaria