Definizione
Il rame è un metallo essenziale per l’organismo in quanto rientra, come cofattore di numerosi enzimi, nel metabolismo del sistema nervoso centrale, dell’apparato cardiocircolatorio, delle ossa ecc.; assume pure un ruolo importante nell’incorporazione del ferro nell’eme (la sua carenza determina anemia ipocromica e microcitica).
Tuttavia, se assunto in concentrazioni elevate può causare un avvelenamento.
Eziopatogenesi
L’intossicazione si verifica soprattutto nei ruminanti per ingestione di acqua o vegetali con elevato contenuto in rame (piante accumulatrici).
Tuttavia, può colpire anche cane e gatto, per assunzione accidentale di determinati composti (solfato di rame, utilizzato in agricoltura come fungicida); peraltro, alcune razze canine (Bedlington Terrier, West Highland White Terrier) sono geneticamente predisposte ad accumulare tale elemento nel fegato.
Il rame viene assorbito nell’apparato digerente e si lega all’albumina e alla ceruloplasmina; l’accumulo del metallo può avvenire non solo a carico del fegato ma anche nel midollo osseo. Poiché l’eliminazione del rame si verifica attraverso la via biliare, fenomeni di colestasi possono determinare un accumulo epatico secondario.
Alte concentrazioni intracitoplasmatiche di rame negli epatociti sono tossiche, perché, attraverso una riduzione del glutatione e una perossidazione lipidica, inducono danni ai mitocondri e ai perossisomi (organuli intracitoplasmatici contenenti enzimi con funzione ossidativa come la catalasi), liberando ingenti quantità di radicali liberi citotossici; il danno a carico delle membrane lisosomiali, inoltre, causa rilascio di enzimi proteolitici, con conseguenti infiammazione e necrosi focale epatica e, in caso di cronicizzazione, fibrosi.
Un improvviso rilascio in circolo di rame precedentemente accumulato nel fegato provoca perossidazione lipidica a carico della membrana dei globuli rossi, lisi eritrocitaria e formazione di metaemoglobina.
Il rame, quando assunto in quantità significative, può danneggiare anche le cellule della mucosa gastroenterica, per la sua azione caustica e per la sua capacità di denaturare le proteine.