Uno studio afferma che i delfini, appartenenti a due specie cetologiche ampiamente diffuse nel Mediterraneo così come nelle acque temperate dei mari e degli oceani del nostro Pianeta, mostravano lesioni encefaliche sovrapponibili a quelle osservate nel cervello di pazienti umani con malattia di Alzheimer.
Lo riporta la prestigiosa rivista statunitense Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association, e si riferisce ad una peculiare forma di encefalopatia in alcuni esemplari di stenella striata (Stenella coeruleoalba) e di tursiope (Tursiops truncatus) rinvenuti spiaggiati lungo le coste spagnole.
Il lavoro, a firma di Danièlle Gunn-Moore e collaboratori, riconosce il suo principale elemento di forza nell’identificazione della stenella striata e del tursiope quali “nuove” specie potenzialmente in grado di “ricapitolare” le caratteristiche neuro-patologiche e, presumibilmente, anche i fondamentali aspetti neuropatogenetici tipici della malattia di Alzheimer.
Infatti, con la sola eccezione della specie felina ed assai di recente pure del macaco, i modelli animali fino ad allora caratterizzati – ivi compresi quelli murini – sarebbero risultati capaci di “riassumere” solo una parte, più o meno consistente, dei succitati aspetti neuropatologici propri della malattia umana, che peraltro rappresenta la forma di demenza maggiormente diffusa a livello globale.
Ne consegue che i delfini e, più precisamente, stenella striata e tursiope potrebbero candidarsi come validi “modelli di neuropatologia comparata” per lo studio della malattia di Alzheimer.
Quest’ultima sottolineatura trova riscontro da quanto riportato dal prof. Di Guardo, secondo cui l’espressione della proteina prionica cellulare è già stata descritta, nell’ambito di un precedente lavoro svolto in collaborazione con l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana “M. Aleandri” e con l’Università degli studi di Padova.
Fonte: La Settimana Veterinaria