Gli animali riescono a instaurare un rapporto di complicità e fiducia rassicurante con gli esseri umani, soprattutto i più fragili e risultano di grande aiuto in percorsi di attività di pet therapy anche per casi di autismo.
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L’animale adatto per attività di pet therapy in caso di autismo
Certamente non tutti gli animali da compagni, per tempra, carattere, esperienze passate, possono trovare impiego nelle attività assistite, e non con tutti i tipi di utente.
Prendiamo il caso di un bambina/bambino/adolescente caratterizzato da un disturbo di vario grado nello spettro autistico.
In questo caso sarebbe opportuno un animale paziente, di grande tempra ovvero in grado di assorbire e fronteggiare con sicurezza e tranquillità eventi improvvisi e potenzialmente pericolosi.
Dovrebbe essere affabile, ma non troppo invasivo, giocoso ma che sa aspettare i tempi di reazione, reattivo ai richiami o alle proposte, ma non chiassoso.
Cani da pastore e da caccia-riporto in genere sono i più coinvolgibili proprio perché cani da lavoro, abituati a interagire strettamente con l’uomo, caratterizzati da un istinto competitivo o di difesa più basso.
Hanno però anche un’altra importante caratteristica: mediante comunicazione non verbale sanno esprimere in modo evidente emozioni e intenzioni e, attraverso lo sguardo, si connettono con utente e coadiutore.
In loro è inoltre particolarmente spiccata la predisposizione all’aiuto dell’uomo in difficoltà, così come la ricerca del contatto fisico, anche senza essere animali da grembo.
Animali sì e animali no
Con utenti con un disturbo di autismo sono considerate molto efficaci anche le attività di pet therapy con cavalli o asini.
Di contro è estremamente cauta e da valutare una interazione con animali dal carattere e struttura fisica più “fragile” come un gatto o un coniglio, anche se spesso richiesti da chi segue gli utenti in questione perché ritenuti meno “dannosi” per le loro più piccole dimensioni.
Percorsi cuciti su misura
Gli obiettivi della pet therapy in caso di autismo sono il fulcro della questione.
Bisogna infatti stabilire cosa si vorrebbe ottenere con un’attività assistita con animale.
Ma è necessario anche analizzare quali possono essere le criticità, quali potrebbero essere i pericoli per l’utente e quali per l’animale, chi assisterà l’utente e in che modo è preparato (esistono figure professionali competenti appositamente formate all’uopo) e che tipo di capacità o inclinazioni mostra di avere l’utente.
Le aree stimolate attraverso la relazione con un animale durante una seduta di IAA sono molteplici:
- cognitive (attenzione, memoria, associazione di idee, ecc.);
- emozionali (gestire e riconoscere le emozioni, tollerare le frustrazioni, provare emozioni piacevoli, rilassanti, ecc.);
- linguistiche (pronunciare parole, associare immagini e oggetti dell’animale con la denominazione corretta, chiamare mediante un’intonazione o postura corretta l’animale per portarlo a sé, ecc.);
- motorie (accudire l’animale mediante spazzolatura del pelo, fornire premietti, lanciare palline al cane, aprire tappi o allestire ciotole per acqua e cibo, mettere la guinzaglieria e portare in passeggiata il cane, ecc.);
- della relazione, stabilendo una relazione con il cane, relazionandosi con i pari se il lavoro avviene in gruppo, sfruttando l’esperienza piacevole per creare un contenuto da raccontare in classe o nei gruppi di attività favorendo così la socializzazione.
Laboratori mirati ad alcuni problemi comuni
Attraverso la mediazione di un animale si possono mettere in atto dei percorsi/laboratori anche per piccoli gruppi con l’intento di lavorare su precisi problemi degli utenti, abbastanza impattanti sulla vita di tutti i giorni, come ad esempio la selettività alimentare o la cinofobia, talvolta legata alla paura del “rumore” dell’abbaio.
In entrambi i casi il problema va affrontato su diversi livelli e con stratagemmi e accorgimenti si porteranno gli utenti ad affrontare paure spesso infondate e presupposte.
Piccoli cuochi per piccoli amici
Nel caso degli alimenti, ad esempio, i giovani cuochi dapprima impareranno a conoscere gli alimenti salutari e quelli indicati per il loro amico a quattro zampe.
Poi attraverso la manipolazione del cibo stimoleranno i sensi con colori, odori consistenze diverse, pasticceranno e si divertiranno.
Infine, dovranno preparare un goloso manicaretto e offrirlo in vari modi al cane: mano aperta, ciotola, nascosto in un gioco, gioco di ricerca olfattiva.
Possono cucinare ad esempio dei biscottini sani e sicuri anche per l’animale e condividere la merenda tutti insieme.
Io non ho paura
Se il problema è invece la paura del cane, questo diventa un impatto importante sul quotidiano: passare vicino a prati, aree verdi, parchi o semplicemente passeggiare nelle vie della città potrebbe scatenare crisi di pianto o nervose per l’abbaio improvviso di un cane dietro a un cancello, poi associato anche solo alla vista di un pacifico quadrupede a spasso con il proprietario.
Un percorso dove il ragazzo comprende come comportarsi, cosa osservare, quali regole seguire per la sua sicurezza, interagendo poi con un animale affidabile, docile, tranquillo lo può aiutare a raggiungere una sufficiente autostima e consapevolezza tale da portarlo a vivere meglio i futuri incontri con cani sconosciuti.
Inizialmente non ci sarà contatto diretto, ma varie attività di obedience a distanza, poi con guinzaglio inizierà a seguire piccoli percorsi di mobility e così verranno ulteriormente accorciate le distanze.
Infine, gradualmente si arriverà al contatto fisico con il cane, dapprima mediato da spazzole e guanti o altri strumenti, fino ad arrivare ad usare le mani per accarezzare direttamente il soffice pelo, percepire il calore o addirittura il battito del cuore.
In tutti i casi comunque deve pian piano formarsi una relazione sicura, che dà benessere e tranquillità e rafforza il rapporto con operatori e ovviamente l’animale.