Paola Fossati, Autore presso Animali da compagnia - Il portale per i proprietari di pet https://www.animalidacompagnia.it/author/paola-fossati/ Wed, 28 Jun 2023 08:49:52 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.2 Non si può lasciare il cane chiuso in macchina da solo anche in inverno https://www.animalidacompagnia.it/non-lasciare-il-cane-chiuso-in-macchina-da-solo-anche-in-inverno/ https://www.animalidacompagnia.it/non-lasciare-il-cane-chiuso-in-macchina-da-solo-anche-in-inverno/#comments Tue, 07 Dec 2021 08:57:00 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=47909 La Corte di Cassazione ha recentemente ricordato con una sentenza che non bisogna lasciare un cane troppo a lungo chiuso in macchina da solo, non solo d'estate, ma anche in inverno.

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Non bisogna lasciare il cane troppo a lungo chiuso in macchina da solo, non solo d’estate, ma anche in inverno.

La Corte di Cassazione ha infatti recentemente ricordato ancora una volta che il luogo in cui viene detenuto un animale deve essere adeguato alla sua natura e consentirgli di esprimere un comportamento normale.

Così come l’animale non deve soffrire per mancanza di acqua o cibo, né per le condizioni climatiche e ambientali.

Nell’interno di un auto la salute del cane è posta a rischio

L’abitacolo, infatti, può rivelarsi ristretto e disagevole per cani di grossa taglia o per più soggetti caricati contemporaneamente.

Cosa, peraltro, vietata dal Codice della Strada, che consente la presenza di un solo cane libero, nel vano passeggeri dell’automobile.

Inoltre, è noto che le pareti dell’auto non sono ben isolate e consentono, quindi, che la temperatura esterna influenzi il microclima all’interno del veicolo.

Questo può surriscaldarsi in estate, fino a diventare “un forno” che rende la temperatura insopportabile e l’aria irrespirabile.

Ma può essere altrettanto invivibile nella stagione invernale, quando le temperature si abbassano molto e quando il motore è spento non c’è riscaldamento.

In entrambi i casi, la salute del cane è posta a rischio.

Inoltre, difficilmente si lascia una ciotola con l’acqua al cane chiuso in auto, per la paura che possa rovesciarla e inzuppare sedili e tappetini.

Il cane chiuso in macchina quando fuori fa freddo

L’effetto potenzialmente mortale della permanenza di un cane in auto sotto il sole è abbastanza conosciuto.

Diverse sentenze hanno infatti confermato che può dare luogo a responsabilità di tipo penale.

È meno frequente invece la denuncia di casi in cui il cane sia lasciato in macchina quando fuori fa freddo.

Eppure, anche in questi casi, il disagio per l’animale può essere grande.

Se poi si sommano l’impossibilità di muoversi agevolmente nell’abitacolo (perché le dimensioni non sono commisurate alla sua taglia o perché ci sono più soggetti che lo devono condividere) e se risulta preclusa anche la possibilità di dissetarsi, allora si può parlare di detenzione in condizioni incompatibili con la natura del cane come condizione, di per sé, intollerabile (art. 727 codice penale).

La condanna della Corte di Cassazione

Alla conferma di questo assioma è giunta la Corte di Cassazione con la condanna dei proprietari di due cani lasciati in auto per più di tre ore in una gelida notte invernale, senza acqua.

I giudici hanno, infatti, affermato che, seppure l’abitacolo della vettura potesse essere ritenuto confortevole in linea generale (in prospettiva umana), non era però idoneo a ospitare due cani di grossa taglia.

Questi in realtà, per la proporzione della loro mole, vi si potevano muovere solo con difficoltà.

Inoltre, erano stati considerati rilevanti l’assenza di un accesso all’acqua e il freddo che i cani avevano dovuto patire per lungo tempo.

È importante sottolineare che la difesa avanzata dai proprietari, secondo i quali non era stato dimostrato che i cani fossero stati ospitati in un ambiente insalubre, né che avessero sofferto in modo grave, non è stata accolta.

L’automobile non è un “habitat naturale” per un cane

È stato invece tenuto in considerazione il fatto che un’automobile non sia un “habitat naturale per un cane.

Inoltre le sue dimensioni sono comunque “anguste”, quindi non idonee per l’animale e in grado di “incidere sulla sua sensibilità come essere vivente”.

Non occorre, inoltre, che ciò “si accompagni alla specifica volontà di infierire sugli animali”, ma sono sufficienti “condizioni oggettive di incuria o di negligenza.

cane chiuso in macchina

La sussistenza di elementi concreti come il poco spazio, l’assenza di una ciotola per l’acqua e di protezione dalle intemperie dimostra che non è stato assolto il dovere di cura degli animali e che non ne è stato garantito il benessere.

Ricordiamo che non è necessario vedere il cane abbaiare, per attirare l’attenzione.

Se però ciò succede, può essere interpretato come una dimostrazione ulteriore della sua condizione di disagio.

Insomma, il cane può stare in auto, nel rispetto dei modi stabiliti dal Codice della Strada, ma non può esservi lasciato da solo per troppo tempo.

Questo parametro non è definito da una legge.

Deve però corrispondere a scelte di buon senso, che non sconfinino in una condizione di “abbandono” del cane stesso in un luogo che apparentemente è protetto e che però può trasformarsi in una trappola di sofferenza.

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Animali di razza: nuove leggi e regole per la vendita https://www.animalidacompagnia.it/gli-animali-di-razza-e-la-legge/ https://www.animalidacompagnia.it/gli-animali-di-razza-e-la-legge/#respond Fri, 12 Nov 2021 08:00:33 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=30470 Oltreoceano ci sono regole che impediscono la vendita degli animali di razza. E in Italia quali sono le disposizioni al riguardo?

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La vendita di animali da compagnia, soprattutto se cuccioli e di razza, crea a volte dei problemi.

Questo perché gli acquisti sono a volte compiuti “d’impulso” e senza valutare con la sufficiente attenzione le reali possibilità di prendersi cura del nuovo arrivato in famiglia.

In altri casi, il commercio di animali alimenta traffici illegali, che nascondono abusi non solo finanziari, ma anche compiuti in danno degli animali stessi.

Basti pensare alle cucciolate prodotte “in serie” e ai trasporti eseguiti in condizioni di maltrattamento, durante le importazioni illegali.

Per quanto riguarda gli animali di razza, si assiste anche allo sfruttamento commerciale di soggetti che sono venduti come tali.

In realtà sono spesso privi di pedigree e, dunque, della garanzia di appartenere a una determinata genealogia, corrispondente agli standard previsti e sottoposta a controlli.

Vendita degli animali di razza vietata in alcuni Stati esteri

La necessità di fare fronte a queste situazioni ha già portato alcuni Paesi nel mondo a regolamentare in modo più severo la vendita degli animali da compagnia.

Ad esempio, in Canada la vendita di animali di razza nei negozi è vietata per legge dal 1° luglio 2019.

I negozi di animali possono, dunque, vendere solo cani, gatti e altri animali da compagnia provenienti da rifugi.

Negli Stati Uniti, già 230 città hanno leggi simili, la prima delle quali è stata emanata in California.

La città di Boston ha vietato, con un’ordinanza comunale, la vendita di animali di razza (cani, gatti e conigli) nei negozi e negli allevamenti professionali, dal 2 marzo 2016.

animali di razza allevamento

Il vincolo si estende alle aree aperte, come parcheggi e mercati.

La finalità dei divieti è duplice.

Da un lato, si vorrebbe evitare l’aumento di negozi che vendono animali da compagnia appositamente allevati per scopi commerciali.

Questo con l’obiettivo finale di ridurre in proporzione il numero di allevamenti che “producono cuccioli” come se fossero allevamenti intensivi.

In questi casi, infatti, non è garantita una selezione genetica accurata, non sono rispettati i ritmi fisiologici naturali e spesso i cuccioli sono tolti alla mamma troppo presto.

Ciò comporta ripercussioni sulla salute e sul benessere degli animali.

Inoltre, esiste il rischio di sostenere costi aggiuntivi per i futuri proprietari, a causa dei problemi che possono derivare dall’insorgenza di malattie o disturbi comportamentali.

Dall’altro lato, si vorrebbero incentivare i commercianti a collaborare con rifugi e canili, favorendo le adozioni degli animali in essi ospitati.

Questo aspetto dovrà essere, comunque, gestito con la necessaria attenzione.

animali di razza adozione canile

Questo sempre per evitare di affidare animali a persone che non abbiano ben ponderato la decisione di averli e anche per allontanare il rischio di “sbagliare l’abbinamento” tra un animale e la famiglia con cui dovrà convivere.

In Europa, si stanno muovendo in questa direzione Paesi singoli, come l’Inghilterra e la Francia.

Non esiste invece ancora una legge di regolamentazione della vendita di animali da compagnia valida per tutta l’Unione europea.

E in Italia è possibile vendere gli animali di razza?

In Italia è legale vendere animali di razza, sia negli allevamenti che nei negozi, nessuna legge lo vieta.

Sono ugualmente legali sia gli allevamenti professionali, sia quelli amatoriali.

Tuttavia, il Decreto legislativo n. 529/92 stabilisce che non è consentita, in nessun caso, la commercializzazione di animali senza pedigree proponendoli come “animali di razza”.

In sostanza, non è illegale vendere un cane o un gatto senza pedigree, ma lo è venderli dicendo che sono animali “di razza”.

Non possono essere, infatti, garantite le medesime condizioni genealogiche, sanitarie, di benessere animale e di tracciabilità che devono essere rispettate da chi alleva seguendo i disciplinari stabiliti dai Club di razza e dagli Enti o dalle Federazioni di cinofilia riconosciuti.

In questi casi, inoltre, non si può essere sicuri che l’animale, spesso venduto a prezzi molto bassi, non sia oggetto di un traffico illecito.

Per chi vende animali dichiarandoli “di razza”, ma senza fornire un pedigree, sono previste sanzioni amministrative, che però, finora, difficilmente sono state applicate.

Il traffico illegale di animali da compagnia

Il traffico illecito di animali da compagnia è un’altra forma di vendita illegale, che la legge italiana considera un vero e proprio reato (Legge n. 201/2010, art. 4).

È il caso degli animali provenienti da Paesi esteri e introdotti in Italia privi di sistemi per l’identificazione individuale (microchip) e delle necessarie certificazioni sanitarie e non muniti, ove richiesto, di passaporto individuale.

Anche per chi compie questo reato, allo scopo di ricavarne un ingiusto profitto, sono previste sanzioni (reclusione da tre mesi a un anno e multa da euro 3.000 a euro 15.000).

animali di razza traffico illegale

Bisogna fare particolare attenzione, in questi casi, perché si tratta di sanzioni penali, che si applicano anche a chi acquista gli animali.

Il problema rischia di non trovare soluzione finché ci sarà un mercato per questi animali.

Chi vende animali da compagnia dovrebbe svolgere questo lavoro in maniera seria e rispettando la legge.

Ma anche chi compra dovrebbe assumere prima dell’acquisto tutte le necessarie informazioni, per non rischiare di alimentare un commercio illegale e che favorisce il maltrattamento di molti animali.

E soprattutto per avere la sicurezza di poter convivere con un animale sano ed equilibrato.

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Non pulire le feci lasciate dal proprio cane: cosa dice la legge https://www.animalidacompagnia.it/non-pulire-le-feci-lasciate-dal-proprio-cane-cosa-dice-la-legge/ https://www.animalidacompagnia.it/non-pulire-le-feci-lasciate-dal-proprio-cane-cosa-dice-la-legge/#respond Tue, 24 Aug 2021 08:00:03 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=45756 Cosa dice la legge per chi viene scoperto a non pulire le feci lasciate dal proprio cane? Chiunque consenta che il proprio cane (o anche un altro animale domestico) depositi escrementi nelle parti comuni del condominio, quali le scale, l’androne, il vialetto d’accesso o il giardino oppure sul muro del palazzo, può essere riconosciuto colpevole del reato di imbrattamento della cosa altrui (art. 639 del Codice Penale).

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Cosa dice la legge per chi viene scoperto a non pulire le feci lasciate dal proprio cane? Chiunque consenta che il proprio cane (o anche un altro animale domestico) depositi escrementi nelle parti comuni del condominio, quali le scale, l’androne, il vialetto d’accesso o il giardino oppure sul muro del palazzo, può essere riconosciuto colpevole del reato di imbrattamento della cosa altrui (art. 639 del Codice Penale).

Una multa fino a 1.000 euro

Come sanzione, è prevista una multa da 103 a 1.000 euro, che può essere aumentata fino a 10.000 euro e accompagnata con la pena della reclusione da tre mesi a due anni, in caso di recidiva.

Non si deve sottovalutare il fatto che questo reato si compie anche se l’imbrattamento è temporaneo, superficiale e di modesta entità.

Anzi, proprio la possibilità di rimuovere facilmente lo sporco lo differenzia dal caso in cui le conseguenze siano permanenti, al punto da deteriorare o rendere in tutto o in parte inservibili i beni altrui (mobili o immobili).

In quest’ultima circostanza, si tratta del reato di “danneggiamento”.

Attenzione, quindi, se il deposito non rimosso delle deiezioni diventa frequente e di entità tale da creare questo tipo di conseguenze irreversibili.

Segnalare chi non intende pulire le feci del cane: a chi rivolgersi

I condomini possono rivolgersi all’amministratore per segnalare la situazione anomala di sporcizia e chiedere che venga garantito il ripristino del decoro sia dell’immobile sia, in ultima analisi, della possibilità di godimento delle parti comuni.

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Qualora l’intervento dell’amministratore non bastasse a indurre il proprietario dell’animale a ripulire le aree imbrattate e a evitare ulteriori problemi, nel caso dell’imbrattamento si potrà procedere con una querela nei confronti del proprietario stesso, oltre a richiedere il risarcimento dei danni in sede civile.

Il reato danneggiamento semplice è stato, invece depenalizzato, quindi non si potrà sporgere querela; ci si potrà, però, sempre rivolgere al giudice civile per ottenere il risarcimento del danno e, a carico del responsabile, potrà essere aggiunta una sanzione pecuniaria fino a 8000 euro (che sarà incassata dallo Stato).

Un esempio di danneggiamento che non è stato più considerato reato è quello della proprietaria di un cane, che, per dispetto, aveva consentito che il suo animale sporcasse con le deiezioni, solide e liquide, la biancheria stesa sul balcone del vicino che abitava al piano sottostante (Cass. pen. Sez. II, Sent. n. 13970/2018.

Ma anche questa sentenza non ha messo in dubbio la possibilità del vicino di agire in sede civile.

Non pulire le feci del cane sul marciapiede

Il reato di imbrattamento può essere commesso anche da chi non raccoglie gli escrementi del cane in luogo pubblico (sulla strada, sul marciapiede, ecc…).

La sanzione aumenta se il fatto coinvolge beni immobili o mezzi di trasporto pubblici o privati e la pena è ancora più severa se le feci non raccolte imbrattano beni di interesse storico o artistico (reclusione da tre mesi a un anno e multa da 1.000 a 3.000 euro).

Per le deiezioni liquide, l’accortezza di lavare la parte imbrattata con acqua può consentire di evitare la condanna in caso di denuncia (come stabilito dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 7082/2015).

Questo comportamento, infatti, dimostra che si aveva la volontà di porre rimedio.

Si tratta, peraltro, di un’azione resa obbligatoria da alcuni regolamenti comunali, per cui è sempre opportuno informarsi se ne esista uno nella città in cui ci si trova.

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Permesso retribuito per assistere il cane: ecco cosa dice la legge https://www.animalidacompagnia.it/permesso-retribuito-per-assistere-il-cane-ecco-cosa-dice-la-legge/ https://www.animalidacompagnia.it/permesso-retribuito-per-assistere-il-cane-ecco-cosa-dice-la-legge/#respond Wed, 07 Jul 2021 08:00:49 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=45192 Si può chiedere un permesso retribuito per assistere il cane? Andiamo a vedere cosa dice la legge a riguardo. I contratti di lavoro, in linea generale sia nel settore pubblico sia nel settore privato, consentono di usufruire di brevi permessi retribuiti (in numero limitato), regolati dalla legge, per far fronte a “gravi motivi personali e familiari”, quali la morte o infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado oppure la necessità di assistere un familiare disabile.

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Si può chiedere un permesso retribuito per assistere il cane? Andiamo a vedere cosa dice la legge a riguardo. I contratti di lavoro, in linea generale sia nel settore pubblico sia nel settore privato, consentono di usufruire di brevi permessi retribuiti (in numero limitato), regolati dalla legge, per far fronte a “gravi motivi personali e familiari”, quali la morte o infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado oppure la necessità di assistere un familiare disabile.

In aggiunta, i permessi possono essere riconosciuti in occasione di circostanze quali la celebrazione del matrimonio, la partecipazione a esami e concorsi o ancora nel primo anno di vita di un figlio.

Ma, in tempi recenti, la Corte di Cassazione (sentenza n. 15076/2018) ha aperto la via al riconoscimento anche degli animali tra i possibili destinatari dell’assistenza da prestare usufruendo di un permesso retribuito.

Permesso retribuito per assistere il cane, quali sono le condizioni?

Devono, comunque, sussistere alcune premesse:

  • Necessità di curare l’animale è indifferibile;
  • Non si può contare su terze persone per assistere il cane e non si hanno alternative per quanto riguarda il trasporto
  • Si è in possesso di un certificato veterinario attestante la malattia e le esigenze di cura.

La cura di un animale può essere un “grave motivo familiare e personale”

Come anticipato precedentemente, nella sentenza la Corte di Cassazione ha affermato che non accudire un animale e non prestargli cure quando è in stato di bisogno può configurare il reato di abbandono punito dal codice penale (art. 727 c.p.) con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Per “abbandono” in senso legale si può, infatti, intendere, secondo i giudici, anche “qualsiasi trascuratezza, disinteresse o mancanza di attenzione”.

Quindi anche la cura di un animale che vive in famiglia può essere un “grave motivo familiare e personale” per il quale è possibile chiedere permessi retribuiti.

Chi è tenuto a prendersene cura ne è, infatti, responsabile, fino a essere penalmente perseguibile.

Le sentenze di giurisprudenza non sono vincolanti come una legge, ma questa sentenza della Cassazione ha creato un importante precedente, al quale, in futuro, chi si troverà nella stessa situazione e sarà in possesso delle dovute certificazioni medico-veterinarie potrà fare riferimento per chiedere un permesso retribuito.

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Benessere degli animali sportivi: ecco cosa dice il nuovo Decreto https://www.animalidacompagnia.it/benessere-degli-animali-sportivi-ecco-cosa-dice-il-nuovo-decreto/ https://www.animalidacompagnia.it/benessere-degli-animali-sportivi-ecco-cosa-dice-il-nuovo-decreto/#respond Thu, 01 Jul 2021 08:00:39 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=44748 La specifica sezione del Decreto n.36/2021 (Titolo IV del Dgls) si propone di offrire una disciplina unitaria, finalizzata a garantire il benessere degli animali sportivi, ovvero quelli impiegati in attività sportive, e a definire i limiti per la loro ammissione a manifestazioni e competizioni sportive.

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Una specifica sezione del Decreto n.36/2021 (Titolo IV del Dgls) si propone di offrire una disciplina unitaria finalizzata a garantire il benessere degli animali sportivi, ovvero quelli impiegati in attività sportive, e a definire i limiti per la loro ammissione a manifestazioni e competizioni sportive.

Dall’altra parte, l’esercizio dell’attività sportiva è considerato tale anche quando a svolgerlo sono gli animali che, a vario titolo, rientrano nelle diverse attività a cui sono destinati.

A chi è rivolto il Decreto per il benessere degli animali sportivi?

Le disposizioni generali contenute nel Titolo IV sono rivolte a chiunque detenga a qualsiasi titolo un animale impiegato in attività sportive.

Il Decreto stabilisce, inoltre, che ogni animale deve possedere un documento di identità anagrafica, che dovrà essere intestato a una persona fisica maggiorenne oppure a una persona giuridica.

Tali figure si assumono i doveri di custodia, di mantenimento e di cura dei loro animali.

Dovranno, inoltre, stipulare una polizza assicurativa per i danni provocati dall’animale anche qualora si trovi sotto la custodia di soggetto diverso dal proprietario stesso.

Vietato sottoporre gli animali a metodi di allenamento che minano la loro salute

I detentori degli animali impiegati in attività sportive devono preservarne il benessere, curandone l’alimentazione, la salute e garantendo il rispetto delle relative esigenze etologiche.

Inoltre, è vietato sottoporli a metodi di addestramento e di allenamento che possano danneggiarne la salute e il benessere psicofisico, appunto considerando che sono esseri senzienti.

Nello stesso spirito, è altresì vietato l’uso di qualsiasi metodo di coercizione o costrizione così come l’utilizzo di mezzi o dispositivi che, oltre a ledere l’integrità psicofisica degli animali, possano provocare loro sofferenza.

I metodi di addestramento ammessi devono tenere conto delle capacità cognitive e delle modalità di apprendimento degli animali.

Gare e allenamenti

Per quanto riguarda la partecipazione alle gare e agli allenamenti, devono essere esclusi gli animali il cui stato fisiologico risulti incompatibile con lo sforzo richiesto, come nel caso di animali in stato di gravidanza avanzata o in allattamento.

Anche la bardatura e, più in generale, tutte le attrezzature necessarie per esercitare l’attività sportiva, compresa la ferratura, devono essere idonee a evitare all’animale lesioni, dolore, sofferenze o disagi psico-fisici.

Il legislatore ha preso in considerazione anche le caratteristiche tecniche dei percorsi: piste, campi e aree di gara o altri circuiti indicati con qualsiasi denominazione.

Tali strutture nonché tutte le relative attrezzature devono rispondere a criteri di sicurezza e salvaguardia dell’incolumità degli animali.

Gli spazi e i ricoveri destinati a custodire gli animali devono assicurare agli stessi uno spazio di movimento e di riposo adeguato alla loro specifica natura.

Il benessere del cavallo atleta

Le disposizioni specifiche per la disciplina del benessere animale negli sport equestri contengono una definizione precisa del “cavallo atleta”, individuato in sintesi come: un equide registrato, dichiarato non destinato alla produzione alimentare e iscritto al “repertorio dei cavalli atleti” presso specifiche Federazioni o Enti di Promozione Sportiva (art. 22, Dlgs. n. 36/2021).

Perché possa essere ammesso a una manifestazione o competizione o altra attività sportiva il cavallo deve essere sottoposto annualmente a “visita veterinaria sportiva”, da parte di un medico veterinario abilitato, che possa anche attuare le profilassi vaccinali prescritte.

La visita è finalizzata ad accertare l’idoneità dell’equide a svolgere l’attività.

L’organizzatore di eventi sportivi con animali garantisce la presenza o la reperibilità di un veterinario durante lo svolgimento degli eventi stessi.

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Il gatto del vicino entra nel mio giardino: cosa dice la legge? https://www.animalidacompagnia.it/il-gatto-del-vicino-entra-nel-mio-giardino-cosa-dice-la-legge/ https://www.animalidacompagnia.it/il-gatto-del-vicino-entra-nel-mio-giardino-cosa-dice-la-legge/#respond Wed, 19 May 2021 08:00:06 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=45153 Il gatto del vicino entra nel mio giardino. Quali sono i diritti dell'animale e le responsabilità del proprietario? Cosa dice la legge a riguardo? La circolazione libera dei gatti negli spazi contigui o comunque limitrofi, appartenenti a persone che non ne gradiscono la presenza, origina a volte problemi di vicinato.

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Il gatto del vicino entra nel mio giardino. Cosa dice la legge a riguardo? Quali sono i diritti dell’animale e le responsabilità del proprietario? La circolazione libera dei gatti negli spazi contigui o comunque limitrofi, appartenenti a persone che non ne gradiscono la presenza, origina a volte problemi di vicinato.

Ma il vicino ha il diritto di impedire a un gatto di addentrarsi nel suo giardino o in altre aree di proprietà privata?

Questa domanda è alla base di molte diatribe insorte tra proprietari di gatti e proprietari di case confinanti.

La risposta sembrerebbe scontata. I gatti, infatti, come tutti gli animali, si spostano seguendo un proprio scopo, che può essere ad esempio l’esplorazione o il gioco oppure la predazione. Non hanno secondi fini, quali quello di curiosare nelle case di altri o di nuocere volontariamente.

Conoscono il senso di appartenenza, ma non quello della proprietà esclusiva come la intendono gli umani. Se anche “usano” lo spazio di qualcun altro, non lo fanno con l’intento di possederlo, di consumarlo o di impossessarsene.

Quindi, che problema c’è? Eppure, sono noti casi di insofferenza alla vista di gatti dei vicini nel proprio prato o anche in alcuni spazi condominiali.

Non di rado, questo ha portato a discuterne nei Tribunali, con conseguenze che di solito non sono favorevoli alla possibilità degli animali di muoversi liberamente.

E’ quello che è successo anche nel caso reso oggetto di una sentenza della Corte di Cassazione, la quale nel comportamento di lasciare liberi i gatti, che risultavano infastidire i vicini di casa, ha addirittura ravvisato il reato di atti persecutori. In pratica, cioè, lo stalking!

E’ stalking quando il gatto è lasciato libero, sapendo che i vicini si sentiranno importunati dalla sua presenza

Una donna ha consentito che, per diverso tempo, i suoi gatti entrassero nel giardino della vicina, con la quale condivideva una villetta a schiera.

I gatti depositavano le loro deiezioni nel giardino e nelle parti comuni, con i conseguenti problemi igienici e derivanti dal persistere dell’odore. Questo infastidiva la vicina stessa, al punto da farle sviluppare uno stato di ansia e depressione.

gatto vicino nel giardino

Inoltre, la proprietaria dei gatti, una volta instauratosi il conflitto, aveva ulteriormente infierito sulla condizione psicologica della vicina, appendendo cartelli con minacce e insulti.

Questa situazione, ricostruita in giudizio e confermata da diversi testimoni, è stata considerata illegittima dai giudici, compresi quelli che, in Corte di Cassazione, hanno respinto il ricorso della proprietaria dei gatti e ne hanno convalidato la condanna penale per atti persecutori (art. 612 c.p.).

Lo stato di ansia e prostrazione vissuto dalla vittima era stato anche certificato da una psicologa.

Non ci si può giustificare sostenendo che le incursioni dei gatti sono occasionali e non volute

La linea di difesa della proprietaria dei gatti si era basata sull’affermazione della non volontarietà di causare il disagio. Casomai, aveva sostenuto il suo avvocato, le si sarebbe potuta imputare l’incuria nella custodia dei gatti, il cui comportamento nelle parti comuni non era, comunque, abituale, ma saltuario.

Ma la Corte di Cassazione ha stabilito definitivamente che la condotta di continuare a lasciare liberi i gatti, nonostante le lamentele ricevute, con la consapevolezza, quindi, che gli animali sono considerati molesti, esprime chiaramente la volontà di infastidire, anzi di perseguitare.

I gatti, dunque, possono essere considerati degli stalker, sebbene involontari. Mentre chi li “usa” compie un reato grave, perché costringe la persona che subisce a vivere in un “perdurante stato di ansia o di paura” e la obbliga “ad alterare le proprie abitudini di vita”.

La presenza di animali in condominio deve essere controllata, ma devono esserlo anche le loro “uscite”

La legge consente di detenere animali nelle proprietà private, anche quando si tratta di strutture in condominio.

La presenza degli animali non deve, però, causare disturbo o creare pericoli o altri problemi. Questo significa che non è possibile lasciarli liberi e incustoditi nelle aree comuni, senza adottare le debite cautele. Lo stesso vale per le altre proprietà private in cui gli animali potrebbero introdursi, come il gatto del vicino nel proprio giardino.

E’ indubbia la difficoltà di spiegare a un gatto che non deve sconfinare, ma non si può ignorare il diritto di vedere rispettata la proprietà privata.

Chi possiede un animale deve evitare che questo provochi danni a cose o a persone. Altrimenti ne dovrà rispondere, con un risarcimento o anche scontando la pena per un reato.

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I cani possono entrare nei ristoranti e bar? Cosa dice la legge https://www.animalidacompagnia.it/i-cani-possono-entrare-nei-bar-e-ristoranti-cosa-dice-la-legge/ https://www.animalidacompagnia.it/i-cani-possono-entrare-nei-bar-e-ristoranti-cosa-dice-la-legge/#comments Fri, 07 May 2021 08:00:32 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=44319 Molto spesso i proprietari di animali (e non) si chiedono se i cani e gli altri animali da compagnia possano entrare nei ristoranti, bar o pizzerie. È consentito oppure è possibile  vietare l’ingresso ai cani? Per rispondere è necessario sapere cosa dice la legge. A livello nazionale, il Regolamento di Polizia veterinaria prevede che i cani possono essere portati nelle vie o negli altri luoghi aperti al pubblico solo se sono tenuti al guinzaglio o se hanno la museruola.

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Molto spesso i proprietari di animali (e non) si chiedono se i cani e gli altri animali da compagnia possano entrare nei ristoranti, bar o pizzerie.

È consentito oppure è possibile vietare l’ingresso ai cani?

Per rispondere è necessario sapere cosa dice la legge

A livello nazionale, il Regolamento di Polizia veterinaria prevede che i cani possono essere portati nelle vie o negli altri luoghi aperti al pubblico solo se sono tenuti al guinzaglio o hanno la museruola.

Sempre secondo il Regolamento di Polizia veterinaria, devono avere contemporaneamente il guinzaglio e la museruola quando sono condotti sui mezzi di trasporto pubblici oppure nei locali pubblici.

Più di recente, il Ministero della Salute ha validato il Manuale della FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), nel quale si legge che è consentito l’accesso ai cani nelle zone aperte al pubblico di bar e ristoranti, a condizione che siano muniti di guinzaglio e museruola.

Sono considerati “pubblici” i luoghi, di proprietà del demanio dello Stato, che sono accessibili al pubblico (ad esempio gli uffici e, in generale, le strutture pubbliche).

Sono “aperti al pubblico” i luoghi che, pur essendo di proprietà privata, sono accessibili al pubblico secondo le regole di accesso e le limitazioni stabilite dal proprietario o gestore.

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Il cane non deve entrare a contatto con gli alimenti

Resta il divieto di introdurre cani o altri animali domestici nei locali dove si preparano, manipolano, trattano e conservano gli alimenti (ad esempio nelle cucine), come stabilito anche dal Regolamento n. 852/2004/CE, che vuole impedire le contaminazioni degli alimenti stessi.

A questo proposito, sempre il Ministero ha specificato, con due note successive (n. 11359/2017 e n. 23712/2017), che all’interno o all’esterno degli esercizi di vendita al dettaglio di alimenti, possono essere predisposti appositi locali o spazi in cui accogliere gli animali.

Inoltre, nel caso in cui esistano regolamenti locali che autorizzano l’ingresso degli animali negli spazi di vendita, l’esercente deve garantire che gli animali non possano entrare in contatto diretto o indiretto con gli alimenti, sia sfusi che confezionati, dei quali devono sempre essere garantire igiene e sicurezza.

I cani possono entrare nei ristoranti? L’ultima parola spetta al gestore

Dunque, non esiste un divieto assoluto di ingresso ai cani nei bar o ristoranti.

Devono però essere rispettate speciali cautele in quelli in cui sono presenti sostanze alimentari.

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Bisogna tenere presente, tuttavia, che il gestore di una struttura aperta al pubblico, come il ristorante o un altro esercizio commerciale, può sempre decidere di non consentire l’accesso degli animali.

Questo in forza del suo diritto di stabilire le regole di accesso a una proprietà privata, seppure aperta al pubblico.

In questo caso si crea anche l’obbligo di esporre all’ingresso, in posizione ben visibile, un cartello con specifico avviso che gli animali non sono ammessi.

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Abbandono di animali: è reato (anche) affidarli a chi non sa occuparsene? https://www.animalidacompagnia.it/abbandono-di-animali-e-reato-anche-affidarli-a-chi-non-sa-occuparsene/ https://www.animalidacompagnia.it/abbandono-di-animali-e-reato-anche-affidarli-a-chi-non-sa-occuparsene/#comments Mon, 08 Mar 2021 09:00:27 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=43893 La giurisprudenza utilizza il termine “abbandono” per indicare la rinuncia a un diritto di proprietà. Come noto, gli animali domestici sono equiparati a beni mobili, acquisibili in proprietà privata. L’abbandono, in pratica, è uno spogliarsi di loro. Come fossero un onere che non si vuole più sostenere.

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La giurisprudenza utilizza il termine “abbandono” per indicare la rinuncia a un diritto di proprietà. Come noto, gli animali domestici sono equiparati a beni mobili, acquisibili in proprietà privata. L’abbandono, in pratica, è uno spogliarsi di loro. Come fossero un onere che non si vuole più sostenere.

Commette il reato chi ne ha la custodia o ne deve avere cura e, invece, li pone in una situazione che ne mette a repentaglio l’incolumità.

Per quanto riguarda gli animali, la condotta punibile consiste nell’abbandono materiale di essi, inteso come rinuncia oppure come mero disinteresse da cui derivi una deprivazione del necessario, che porti a grave sofferenza.

Nella valutazione dell’abbandono di persone umane, tale gesto è sempre punito in quanto pericolo potenziale, indipendentemente da una concreta manifestazione di conseguenze.

Reato di abbandono di animali, sia per dolo sia per colpa

L’art. 727 comma 2 del Codice penale, richiede, invece, la dimostrazione che l’animale stia subendo gravi sofferenze, a seguito della condizione in cui è lasciato versare.

Però, a differenza di quanto previsto per il reato di abbandono di persone (che è sempre un delitto), l’abbandono di animali si può configurare sia per dolo (cioè con la coscienza dello stato di sostanziale incapacità dell’animale di provvedere a sé stesso e la volontà dell’abbandono) sia per colpa (negligenza, imprudenza, imperizia).

Non affidare gli animali a chi non sa prendersene cura

Quindi, non ci si potrà difendere dichiarando di non avere avuto contezza della condizione dei propri animali né “scaricando” la responsabilità su terzi, qualora questi ultimi siano stati coinvolti incautamente, in assenza dei requisiti minimi di idoneità a occuparsi correttamente degli animali a loro affidati.

In conclusione, il reato di abbandono di animali si configura anche quando gli stessi non sono apparentemente lasciati del tutto e definitivamente soli.

Ciò che rileva è la “responsabilità” di chi decide di prendere con sé un animale, che dovrebbe essere solo e sempre la consapevole assunzione dell’impegno che corrisponde a tale scelta, utile a guidarla e sostenerla, e non tradursi mai, invece, in responsabilità penale.

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Cani liberi nel cortile o nel giardino del condominio: si può? https://www.animalidacompagnia.it/cani-liberi-nel-cortile-o-nel-giardino-del-condominio-si-puo/ https://www.animalidacompagnia.it/cani-liberi-nel-cortile-o-nel-giardino-del-condominio-si-puo/#respond Thu, 04 Mar 2021 09:00:49 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=43709 Molti contesti condominiali godono di un cortile o di un giardino di proprietà del condominio. Sono, di solito, spazi tranquilli e recintati, con aree di verde. Si può pensare che siano l'ideale per lasciarvi liberi i cani, perché possano correre e divertirsi almeno per un pò. In realtà, invece, non è possibile farlo. Molte volte questa limitazione è contenuta nei regolamenti condominiali, che vietano agli animali l'accesso alle aree verdi interne.

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Molti contesti condominiali godono di un cortile o di un giardino di proprietà del condominio. Sono, di solito, spazi tranquilli e recintati, con aree di verde. Si può pensare che siano l’ideale per lasciarvi liberi i cani, perché possano correre e divertirsi almeno per un pò.

In realtà, invece, non è possibile farlo.

Molte volte questa limitazione è contenuta nei regolamenti condominiali, che vietano agli animali, come i cani, l’accesso alle aree verdi interne del condominio, giardino o cortile che sia.

Ma, anche se uno specifico divieto di questo tipo non ci fosse,  bisogna tenere presente che cortili e i giardini condominiali sono aree che appartengono a tutti i condomini, i quali condividono il diritto di usufruirne così come quello di sostenere gli oneri di manutenzione.

L’uso delle parti comuni

Ogni condomino può fare uso di queste parti comuni, però a condizione che non impedisca ad altri di fare altrettanto e che non ne alteri autonomamente la destinazione d’uso. Le esigenze di tutti devono essere salvaguardate.

Per questi motivi, non è possibile lasciare circolare i cani liberamente.

Alcune persone potrebbero esserne spaventate o provare disagio e sentirsi, quindi, inibite dal frequentare il cortile o il giardino ed essere, così, spogliate di un proprio diritto.

Cortili e giardini sono “luoghi aperti al pubblico”

Inoltre, bisogna tenere presente che le aree comuni condominiali non solo sono aperte alla collettività dei condomini ma, nonostante siano private, possono essere attraversate anche da terze persone, le quali si relazionano per diversi motivi con i condomini stessi (ad esempio parenti o amici oppure il postino o professionisti chiamati a lavorare negli appartamenti).

Pertanto, sono, di fatto, luoghi aperti al pubblico e, in quanto tali, soggetti alle norme che disciplinano i comportamenti in detti luoghi.

Per quanto riguarda la presenza di animali, bisogna fare riferimento al regolamento di polizia veterinaria e alle più recenti Ordinanze ministeriali per la Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani, che impongono l’uso del guinzaglio.

L’Ordinanza ora in vigore richiede una lunghezza del guinzaglio stesso non superiore a 1,5 m. e prevede anche l’obbligo di munirsi di museruola da applicare all’animale in caso di necessità o in caso ciò venga richiesto dalle autorità.

Il cane, dunque, deve sempre essere legato, per garantirne il controllo costante e per evitare che “invada” aree che gli sono precluse oppure che si avvicini troppo a chi non ne gradisce la presenza.

I cani non sono nemmeno liberi di sporcare ovunque, compreso il giardino del condominio

Un’altra buona norma da rispettare obbligatoriamente è raccogliere le deiezioni dei cani e mantenere la pulizia dei luoghi.

Questo, al fine di tutelare l’igiene pubblica e il decoro dell’ambiente. Per un cane, infatti, l’espletamento delle necessità fisiologiche è un istinto che non può essere ostacolato.

Però il proprietario ha il dovere di non lasciare a terra gli escrementi del suo cane, portando sempre con sé il necessario.

Alcuni regolamenti comunali (come quello del Comune di Milano), prescrivono anche di pulire la pipì del cane quando imbratta un punto sensibile, come le ruote e le catene di chiusura di biciclette e scooter oppure gli ingressi di case e condomini.

L’importanza di mantenere alta l’attenzione sul comportamento dei cani e di tenerli sotto controllo, quando si tratta di contesti condominiali si conferma, dunque, anche considerando questo aspetto.

E se succede un danno?

Un cane potrebbe mordere una persona oppure farla cadere o, ancora, procurare danni a oggetti.

Eventi di questo tipo possono accadere anche nel cortile o nel giardino del condominio, se il cane viene lasciato libero.

Il proprietario di un cane è sempre responsabile del controllo e della custodia del suo animale e, se questo causasse un danno a persone, cose o anche ad altri animali, dovrebbe risponderne, sia civilmente (con il risarcimento del danno) che penalmente.

Ricordiamo che è considerato responsabile anche chi detiene l’animale al posto del proprietario.

Quindi, il dovere di non lasciare mai il cane libero senza guinzaglio, nemmeno nel cortile o giardino condominiale, vale per tutti!

Di fatto, in città, l’unico spazio in cui si possono lasciare i cani senza guinzaglio sono le aree cani a loro dedicate.

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Novità per il riconoscimento degli animali come membri della famiglia https://www.animalidacompagnia.it/novita-per-il-riconoscimento-degli-animali-come-membri-della-famiglia/ https://www.animalidacompagnia.it/novita-per-il-riconoscimento-degli-animali-come-membri-della-famiglia/#respond Sat, 09 Jan 2021 09:00:51 +0000 https://www.animalidacompagnia.it/?p=43546 L'orientamento della giurisprudenza verso il riconoscimento degli animali come membri della famiglia sembra aver fatto un altro passo in avanti. Compiuto nella direzione della valorizzazione delle loro esigenze al punto da subordinarle a quelle umane, a meno che queste ultime non siano “comprovate esigenze di tutela di altri interessi costituzionali (ad es. la salute umana)”. (Corte d’Appello di Palermo, Sent. n. 1557/2020).

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L’orientamento della giurisprudenza verso il riconoscimento degli animali come membri della famiglia sembra aver fatto un altro passo in avanti. Compiuto nella direzione della valorizzazione delle loro esigenze al punto da subordinarle a quelle umane, a meno che queste ultime non siano “comprovate esigenze di tutela di altri interessi costituzionali (ad es. la salute umana)”. (Corte d’Appello di Palermo, Sent. n. 1557/2020).

Le esigenze dell’animale contano alla stregua di quelle delle persone

L’evoluzione del diritto, alla luce dei valori espressi dalla società, sta portando ad attribuire alle norme di tutela degli animali un significato reale che oltrepassa ormai quello letterale.

Per questo, può accadere anche che una Corte d’Appello confermi che “l’utilizzo di un cespite con un’area esterna, non solo per le esigenze familiari ma per quelle dell’animale domestico, può avere rilevanza per valutare le caratteristiche ritenute ‘essenziali’ di un immobile”.

Come dire che le esigenze dell’animale contano alla stregua di quelle delle persone. Almeno finché non entrano in conflitto con la Costituzione.

Il riconoscimento di un inedito “diritto soggettivo all’animale da compagnia”

A questo proposito, sembra peraltro opportuno ricordare che la Costituzione stessa considera quella dei diritti inviolabili della persona una categoria aperta, integrabile sulla base dell’evoluzione della vita sociale e della cultura corrente.

Questo ha già consentito che l’aumentata considerazione per gli animali portasse un giudice al riconoscimento di un inedito “diritto soggettivo all’animale da compagnia” (Tribunale di Varese, Decreto 7 dicembre 2011), supportato dall’attestazione che il sentimento per gli animali ha protezione costituzionale oltre che riconoscimento europeo.

A questo si possono aggiungere i casi, ormai numerosi, in cui altre sentenze si sono già espresse tenendo conto degli interessi degli animali in funzione di una loro soggettività (si vedano, ad esempio gli affidamenti di animali di famiglia in caso di separazione di coppia, decisi valutando la prospettiva di condizione migliore per gli animali stessi e non il vincolo proprietario).

Superamento degli animali come “beni”

In sostanza, la sentenza in esame sembra aver ulteriormente rinforzato l’idea che la via verso il superamento della categorizzazione degli animali come beni, a favore dell’attribuzione della qualità di soggetti, sia aperta.

Ovviamente, resta l’esigenza di dare effettività alla soggettività animale. Ma leggere che le esigenze di un cane diventano dirimenti in una causa civile (sappiamo che proprio nel codice civile gli animali sono posti alla pari degli oggetti), autorizza a pensare a una “questione animale” che possa superare l’antropocentrismo.

Tratto da “Un’altra conquista verso il riconoscimento della soggettività animale” di Paola Fossati – La Settimana Veterinaria

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