La parola usignolo evoca un canto melodioso, bellissimo, tant’è che di una persona che mostra particolari doti canore si dice proprio “canta come un usignolo”.
La voce di questo minuto passeriforme è da guinnes dei primati: un usignolo nella sua vita può arrivare a imparare 260 tipi di strofe differenti che compongono in combinazioni sempre svariate “canzoni”.
Indice dei contenuti
Abitudini e comportamento dell’usignolo
L’usignolo, il cui nome scientifico è Luscinia megathynchos, è diffuso nel territorio italiano, sia sulle Alpi che nei boschi delle grandi isole.
Questi volatili sono comuni in Europa, ma anche in Asia e Africa.
Prediligono boschi o boscaglie, dove però siano presenti radure ricche di arbusti e terreno umido, come ad esempio le rive dei fiumi.
L’usignolo non è dotato di colori sgargianti, ha un piumaggio di colore marrone che sul ventre diventa più chiaro, è lungo 15 cm per un peso di 21 g e ha un’apertura alare di 20-26 cm.
In natura non è molto longevo, si stima una vita di 1-5 anni.
Si nutre prevalentemente di insetti, vermetti, larve o altri invertebrati, in autunno anche di bacche.
In tarda primavera le coppie costruiscono un nido di foglie e altri vegetali, spesso vicino al terreno, e la femmina depone 4-6 uova che cova poi per 14 giorni.
L’imbecco e lo svezzamento dei pulcini sono seguiti da entrambi i genitori.
L’involo avviene verso i 12 giorni, ma per le due settimane successive i giovani vengono ancora accuditi dai genitori.
Dove e quando ascoltare il canto dell’usignolo?
Il periodo primaverile è certamente il momento migliore per poter ascoltare il canto degli usignoli.
Sul limitare di un bosco, in riva a un fiume, all’inizio del periodo primaverile è possibile ascoltare le canzoni anche durante il giorno, il momento migliore è però la notte fino alle prime luce dell’alba.
Il canto, tanto vario quanto caratteristico, ha un preciso scopo per il volatile: delimitare il territorio e attirare l’attenzione della compagna.
Lo straordinario repertorio viene appreso da altri simili, rielaborato e modificato da ogni soggetto, è possibile differenziare addirittura una sorta di “dialetto regionale”.
Il canto di questo affascinante uccello è ancora fonte di studio per etologi ed esperti.
Un canto che ispira i poeti
In passato il canto dell’usignolo era considerato taumaturgico: portava sollievo e guarigione agli ammalati o una dolce morte a chi era in fin di vita.
La bellezza e la melodia del canto ha affascinato e ispirato poeti come Shakespeare che cita l’usignolo in “Romeo e Giulietta”, ma anche il Petrarca, che nel suo Canzoniere ha dedicato diversi versi all’usignolo:
“Quel rosignol, che sí soave piagne,
forse suoi figli, o sua cara consorte,
di dolcezza empie il cielo et le campagne
con tante note sí pietose et scorte,
et tutta notte par che m’accompagne,
et mi rammente la mia dura sorte:
ch’altri che me non ò di ch’i’ mi lagne,
ché ’n dee non credev’io regnasse Morte.“…