Cosa significa avere un’allergia al gatto con cui condividiamo la nostra vita e quali sono le novità in campo scientifico per contrastare questo problema? Vediamolo insieme.
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Cosa significa avere un’allergia al gatto
L’allergia nei confronti del gatto è molto diffusa (si stima che colpisca almeno il 20% delle persone) e non stupisce che il gatto stesso sia considerato la causa più comune di allergia causata da animali.
Ma cosa comporta essere allergico al proprio gatto?
Le persone con questa condizione vanno incontro a diverse problematiche personali e sociali.
Conseguenze fisiche da allergia al gatto
Anche solo la presenza di un gatto nelle vicinanze di un soggetto allergico può provocare i classici segni clinici respiratori e cutanei.
Questi problemi portano a lungo andare ad affaticamento, cattiva qualità del sonno, abbassamento della produttività e della concentrazione, e a soffrire degli effetti collaterali dei medicinali che vengono presi per contrastarli.
Ne risulta un particolare circolo vizioso per cui in certi casi le persone si rifiutano di prenderli.
Conseguenze emotive
Le problematiche sono ancora più complesse quando riguardano anche il rapporto tra la persona in cui è insorta l’allergia e il suo gatto.
L’interazione tra i due soggetti è ridotta e questo porta a conseguenze emotive più o meno accentuate nel proprietario (e inevitabilmente nei conviventi) e nel gatto.
Si comincia a pensare di separarsi dal proprio animale, affidandolo ad altri, ad associazioni, a gattili, ecc.
È chiaro quindi che il tema dell’allergia nei confronti del gatto si intreccia, purtroppo, anche con quello dell’abbandono.
Fino a poco tempo fa, infatti, i progressi in questo ambito erano scarsi e, quindi, si è sempre semplicemente invitato il proprietario a convivere con il problema (che talvolta può presentarsi in forma grave) o a separarsi dal gatto.
Perché alcune persone sono allergiche ai gatti?
Il colpevole ha un nome: la proteina Fel D1.
Questo è il più importante allergene del gatto e la principale causa della sintomatologia.
Secondo uno studio infatti, nel 95% dei casi è questa la proteina verso cui il soggetto allergico è sensibilizzato.
Come ben noto non è il pelo a dare problematiche allergiche nell’uomo.
Questo perché l’allergene responsabile è primariamente nelle ghiandole salivari e sebacee ed è durante l’attività di pulizia del mantello (grooming) che il gatto lo trasferisce involontariamente sul proprio pelo.
Una volta lì, Fel D1 può disseminarsi nell’ambiente attraverso i peli e le scaglie cutanee.
Fel D1 è prodotto da tutti i gatti, a prescindere dalla razza, dall’età, dal sesso, dal tipo di pelo e dallo stile di vita.
Attualmente, non è nota la sua funzione (forse una traccia chimica-feromonica?).
Quel che sappiamo è che la produzione di Fel D1 non è costante nel tempo, è diversa da individuo a individuo (con differenze anche molto marcate) e non può essere fermata in alcun modo.
Questo rende impossibile poter, ipoteticamente, scegliere un gatto in base alla produzione di Fel D1 (quindi non esistono gatti completamente anallergici).
Quale la soluzione all’allergia al gatto?
L’unica soluzione sembra essere diminuire l’esposizione a questa proteina.
La spiegazione sta nel concetto di carica di allergeni: non importa a quante sostanze una persona sia allergica, quel che importa è se la carica di allergeni (la somma del contributo di ogni singolo allergene) supera, in un determinato momento, la soglia allergica; solo allora si avranno dei sintomi clinici.
Se riuscissimo ad abbassare l’esposizione a Fel D1, probabilmente, potremmo mantenere la carica allergica sotto la soglia.
Questo, ovviamente, vale per tutti gli allergeni. È per questo che è buona norma, per un soggetto allergico, cercare di eliminare il più possibile gli altri allergeni (come, ad esempio, gli acari della polvere) con attente procedure igieniche.
Ci sono diversi metodi per evitare l’esposizione a Fel D1, ma alcuni, soprattutto quelli riguardanti il gatto, sono ben poco praticabili (ad esempio, escludere il gatto dalla camera da letto, tenere il gatto fuori casa o fargli regolarmente il bagno).
È ben noto cosa succede se si impedisce al gatto l’accesso a un’area della casa: in taluni casi l’animale può risultarne talmente stressato da andare incontro a patologie correlate allo stress, come diarrea da C. perfringens, cistiti e infezioni delle alte vie respiratorie (soprattutto legate a herpesvirus).
In aggiunta, per diminuire l’esposizione alla causa scatenante, alcuni gatti sono incoraggiati a vivere più spesso outdoor (con tutte le problematiche sanitarie e ambientali che ne conseguono) o in recinti o strutture esterne appositamente ideate.
Tutte queste strategie possono aiutare, ma se si riuscisse ad affrontare il problema alla radice?
Neutralizzare Fel D1
Per neutralizzare Fel D1 sono state sfruttate le capacità degli anticorpi policlonali.
Per arrivare a ciò i ricercatori hanno immunizzato delle galline verso l’allergene Fel D1, inducendole a sintetizzare anticorpi specifici anti-Fel D1.
Questi anticorpi, contenuti in grandi quantità nel tuorlo d’uovo, sono stati poi miscelati al cibo del gatto.
Una volta ingeriti, essi si legano a Fel D1 presente nella saliva, neutralizzandola.
In questo modo, durante il grooming, il gatto non distribuirà più un allergene, ma solo Fel D1 neutralizzata e quindi innocua.
Il risultato è che la concentrazione di Fel D1 nella saliva si abbassa concretamente in maniera significativa, dopo sole tre settimane di alimento specifico.
Non solo, i livelli di Fel D1 si abbassano anche a livello di pelo e di cute (scaglie cutanee) del gatto.
Nello specifico, in un altro studio è stato dimostrato che, dalla terza settimana, l’86% dei gatti in esame hanno mostrato una riduzione di almeno il 30% di Fel D1 attiva, mentre il 50% una riduzione di almeno il 50%.
Alla decima settimana la riduzione media è stata del 47%.
Pur non azzerandosi, questo evidente abbassamento può essere comunque sufficiente per mantenere la carica di allergeni al di sotto della soglia.
Il vantaggio di questo approccio è evidente: neutralizzare Fel D1 permette di intervenire alla base del problema, prevenendo le conseguenze dell’esposizione agli allergeni.
Ma neutralizzare Fel D1 porta a effetti indesiderati?
No, perché questa tecnologia non va ad alterare la produzione e la funzionalità della proteina, di cui, come già detto non sappiamo precisamente il ruolo nell’organismo.
Questo metodo impedisce solo di scatenare reazioni allergiche nell’uomo.
Reali benefici per l’uomo
I dati scientifici e la teoria sono incoraggianti, ma questa tecnologia funziona davvero nella pratica?
Per rispondere ci viene in aiuto uno studio dell’Università di Washington (USA) cui viene esaminata l’efficacia della riduzione di Fel D1 nei confronti dei sintomi clinici allergici umani.
I risultati sono ottimi: i punteggi relativi ai sintomi sia nasali che oculari sono significativamente più bassi in persone a contatto con i gatti trattati.
In aggiunta, sta per essere pubblicato una ricerca che si concentra sull’effetto di questa dieta sulla qualità del rapporto tra padrone e gatto.
Gli effetti benefici riportati sono evidenti: se le persone non mostrano più sintomi allergici, possono finalmente dedicare al gatto tutto il tempo che si merita, con enormi benefici nel loro rapporto con l’animale.