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Dai dati del X Rapporto nazionale “Animali in città” per l’anno 2020 sembra che ancora una volta il nostro Paese non sia uscito vincitore sul fronte fondamentale della prevenzione della salute degli animali.
L’indagine è stata realizzata da Legambiente con il patrocinio di Ministero della Salute, Anci, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Enci, Fnovi, Anmvi e SIMeVeP.
Dall’analisi fatta si evidenziano ancora disparità tra Nord e Sud e arretratezza sulle sterilizzazione di cani e gatti.
Inoltre, risulta lenta o addirittura assente l’attuazione dei regolamenti che favorirebbero una più armonica e sicura convivenza con gli animali e uno scarso livello di conoscenza della biodiversità animale presente nei territori urbanizzati.
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L’indagine di Legambiente sugli animali in città
All’indagine di Legambiente hanno risposto in modo completo 656 amministrazioni comunali (l’8,3% del campione contattato), tra cui il 50% dei Comuni capoluogo, e 50 aziende sanitarie (AS) (il 44,6% del campione).
Quattro sono state le macroaree di valutazione delle performance: quadro delle regole vigente solo per i Comuni; risorse impegnate e risultati ottenuti; organizzazione delle strutture e servizi al cittadino; controlli.
Regolamenti comunali e/o ordinanze per gli animali in città
Il 47,4% delle amministrazioni comunali che hanno partecipato all’indagine dichiara di avere attivato un ufficio o un servizio dedicato agli animali.
Il 76% delle aziende sanitarie di avere almeno un canile sanitario e/o un ufficio di igiene urbana veterinaria.
Tuttavia, poco meno di un Comune su 13 (il 7,8%) raggiunge una performance almeno sufficiente e più di quattro AS su cinque (l’82%) si attestano sui medesimi livelli.
I Comuni più virtuosi Prato, Verona e Modena, mentre le migliori performance sono riconosciute alle ATS Brescia, ATS della Montagna e ASL Vercelli.
Risorse economiche investite
Guardando ai costi sostenuti da Comuni e AS, la spesa pubblica nel settore è di circa 193 milioni di euro.
La spesa media pro capite si attesta invece su circa 2,4 euro per i Comuni e 0,85 euro per le AS.
Vale la pena sottolineare come la gran parte dei costi in Italia sia assorbita dalla gestione dei cani presso i canili rifugio.
I Comuni spendono per loro ben il 61,8% del bilancio destinato al settore.
Sempre dai dati forniti dai Comuni, emerge che nell’anno della pandemia, è triplicato rispetto al 2019, il numero di gatti adottati (42.081 nel 2020).
Si è assistito però anche a un calo nelle adozioni dei cani nei canili che diminuiscono del 20% rispetto all’anno precedente (16.445 nel 2020).
Iscrizione all’anagrafe degli animali d’affezione
A livello nazionale, il rapporto tra i cani iscritti all’anagrafe degli animali d’affezione e i cittadini è di uno ogni 4,7 abitanti.
Umbria e Sardegna risultano in testa (rispettivamente un cane iscritto ogni due cittadini e un cane ogni 2,8), mentre Puglia e Calabria in coda (rispettivamente un cane iscritto ogni 7,4 e ogni 9,6 cittadini).
Per quanto riguarda i gatti iscritti all’anagrafe il rapporto nazionale è di un gatto iscritto ogni 72,4 cittadini.
In questa categoria, a primeggiare la Valle d’Aosta (un gatto ogni 31,4 abitanti) e la PA di Bolzano (un gatto ogni 32,6 cittadini).
Controllo demografico e randagismo
Il controllo demografico rimane uno dei temi più spinosi: il 40% delle AS ha dichiarato di effettuare azioni di prevenzione del randagismo.
Nel 2020 sono state effettuate 6.888 sterilizzazioni di cani e 19.740 di gatti.
Queste cifre però sono insufficienti se confrontate con il numero dei cani dichiarati essere entrati nei canili sanitari (36.368) e dei gatti presenti nelle colonie feline (313.288).
I cani vaganti rappresentano il costo economico più significativo a carico della collettività.
Infatti, malgrado sia emerso che in media nei Comuni ogni 10 cani catturati 8,8 abbiano trovato felice soluzione, purtroppo ci sono territori che fanno abbassare di molto l’ago della bilancia.
Solo a titolo di esempio, Campi Salentina (LE) con rapporto 5,4 a uno, Sciacca (AG) 4,9 a uno e Catania 4 a uno.
Cani ospitati nei canili e cani di quartiere
I numeri mostrano anche un Nord segnatamente virtuoso sul fronte della popolazione canina ospitata nei canili.
Milano risulta infatti al primo posto (un cane in canile ogni 10.190 cittadini), seguita da Bolzano (un cane ogni 7.703) e da Verona (un cane ogni 7.402).
Una positività che si riflette anche sui numeri forniti dalle AS, che vedono ai primi posti l’ATS della Montagna (un cane in canile ogni 296 mila abitanti), l’ATS Insubria (uno ogni 295 mila) e l’ATS Brescia (uno ogni 96 mila).
Al polo opposto, i Comuni di Premilcuore (FC) (uno ogni 9,8 cittadini), Carloforte (SU) (uno ogni 9,6), Fratte Rosa (PS) (uno ogni 2,1).
Invece, i cosiddetti cani di quartiere, sono presenti in un Comune su 25, che per ben l’84,6% si trovano al Sud e nelle Isole, per il 15,4% al Centro, mentre nessun caso si registra al Nord.
Controlli effettuati e applicazione di regolamenti e ordinanze
Sul fronte dei controlli, il 21,6% dei Comuni dichiara di averne effettuati di specifici.
Gravi carenze si registrano anche nell’applicazione di regolamenti e ordinanze.
Nel 2020 solo il 42,9% dei Comuni dichiara di avere un regolamento per la corretta detenzione degli animali in città.
Solo in poco più di un comune su sei, invece, è regolamentato l’accesso a locali pubblici e uffici.
L’arrivo e la sosta di spettacoli che coinvolgono animali sono regolati nel 13% dei Comuni, invece botti e fuochi d’artificio appena nel 7,9% dei casi.
Poco più di un Comune su otto ha adottato un regolamento contro l’uso illegale di esche o bocconi avvelenati.
Poche le amministrazioni che hanno approvato una normativa per facilitare le adozioni nei canili (il 9,6%) e per facilitare cremazione, inumazione e tumulazione degli animali (9,1%).
Rispetto alle aree cani, il 34,3% dei Comuni dichiara di avere spazi aperti dedicati agli animali d’affezione – in media uno ogni 13.774 cittadini residenti.
Entrando nel dettaglio però si vedono realtà contrastanti, come Napoli con un’area cani ogni 79.071 cittadini e Milano con un’area cani ogni 3.411 cittadini.
Conoscenza della biodiversità presente sul territorio
Ancora basso risulta il livello di conoscenza della biodiversità animale.
Solo il 7,2% dei Comuni ha una mappatura delle specie animali presenti.
Inoltre, se il cittadino contatta l’amministrazione, solo nel 48,9% dei Comuni riceve indicazioni puntuali per sapere a chi rivolgersi.
Nuove proposte per gli animali in città
“C’è tanto da fare, ma le esperienze migliori citate nel nostro rapporto dimostrano che è possibile, compiendo i giusti passi” – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.
“Legambiente avanza quindi sei proposte concrete e misurabili affinché l’importanza dell’approccio One Health trovi concreta attuazione, anche attraverso la cura del benessere animale.
Dall’anagrafe unica nazionale per tutti gli animali d’affezione o da compagnia ai patti di comunità per la tutela e la cura degli animali; dal potenziamento del servizio pubblico, con nuovo personale e maggiori strutture fino alla realizzazione di aree e servizi dedicati nelle aree urbane.
Infine, ma non meno importante, la valorizzazione del ruolo del volontariato”.
Fonte: Legambiente – Il Rapporto completo lo potete trovare QUI.