I rituali funebri nel mondo animale: dagli elefanti alle scimmie

Gli elefanti sono tra gli animali non umani che sono stati osservati in rituali che potrebbero essere verosimilmente riconducibili a dei rituali funebri.

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Le specie con lo sviluppo cerebrale maggiore e la memoria più sviluppata (come i cetacei e gli elefanti) sembrano presentare non solo i processi cognitivi tipici del riconoscimento del defunto, ma anche alcuni rituali funebri.

I rituali funebri degli elefanti

Gli elefanti, per esempio, sono spesso citati proprio per la loro grande capacità nel ricordare gli eventi.

I lobi temporali degli elefanti sono altamente sviluppati e l’aspetto della massa cerebrale conferma le potenzialità mnemoniche.

Gli elefanti così come i cetacei possiedono un sistema efficiente di comunicazione a distanza tanto che due elefanti hanno la possibilità di trasmettere messaggi anche a distanza di 20 chilometri attraverso l’uso degli ultrasuoni.

Inoltre, hanno la capacità di riconoscersi a vicenda in vita e probabilmente anche dopo il decesso: reagiscono, infatti, anche quando viene riprodotta la registrazione dei suoni emessi da un elefante ormai deceduto.

La grande memoria quindi consente un riconoscimento individuale dei soggetti del branco anche dopo la morte, non solo che si tratti di un conspecifico, ma anche di un soggetto di altra specie.

Gli elefanti sono tra gli animali non umani che sono stati osservati in rituali che potrebbero essere verosimilmente riconducibili a dei rituali funebri.

In caso di decesso di un membro del gruppo gli elefanti coprono il corpo senza vita con rami e terra, sollevando e manipolando le ossa, rimangono a lungo nell’area limitrofa allontanandosi solo per mangiare e bere.

Data la particolare sensibilità della proboscide, gli elefanti usano proprio questa parte del loro corpo per toccare delicatamente le ossa in una probabile forma di riconoscimento.

Questi comportamenti sembrano maggiormente espressi quando il corpo apparteneva a una matriarca.

Con il passare del tempo il branco può spostarsi, ma quella zona con i resti del conspecifico rimane frequentata durante gli spostamenti con un rituale che si ripete nel tempo.

E le scimmie?

Gli scimpanzé (Genus Pan) e altre scimmie antropomorfe variano il loro comportamento a seguito della morte di un compagno del gruppo.

In questo caso non c’è un vero e proprio interesse nei confronti del corpo come accade invece per le madri con il loro piccolo. In caso di decesso di un adulto, gli altri conspecifici sono stati osservati nella continua ricerca del compagno.

Nel caso dei gorilla, non sono rari dei veri e propri richiami vocali che iniziano da un singolo soggetto e poi continuano quasi coralmente tra i vari membri del gruppo. Tra i primati ci sono sicuramente diversi esempi degni di essere ricordati per il tema riguardante la perdita.

Quando i babbuini (Papio erxleben), per esempio, si trovano in una condizione stressante riescono ad abbassare i livelli di glucocorticoidi attraverso l’aumento dei contatti amichevoli con conspecifici e l’espansione del gruppo sociale

Questo è stato osservato anche a seguito del decesso di un membro del gruppo. Ovviamente non è possibile stabilire solo da questo aspetto che i babbuini possano attraversare un momento simile al lutto, ma sicuramente è possibile confermare quanto i legami sociali siano importanti per i babbuini, e che anche il momento della perdita crei una situazione stressante.

La variazione ormonale è evidente per circa 4 settimane, e il decremento degli ormoni legato allo stress si osserva in coincidenza con l’aumento del numero di conspecifici con i quali viene condiviso il momento del grooming, che è sia un’attività sociale che dalla grande valenza igienica.

FONTE: LaSettimanaVeterinaria

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