Il Regolamento della Federazione Cinologica Internazionale (Fci), fornisce una definizione di “proprietario di un cane“, individuandolo come “la persona che ha legalmente acquisito l’animale, si trova in suo possesso e può provarlo con la detenzione, correttamente certificata, di un certificato d’iscrizione e un pedigree validi”.
In base al Codice civile, gli animali, quindi anche i cani, sono beni mobili, che non devono essere iscritti in pubblici registri. Il contratto che ha per oggetto il trasferimento della loro proprietà consente di trasmettere e acquistare tale diritto per effetto del “semplice” consenso delle parti, legittimamente manifestato (art. 1376 Cc).
La proprietà conferisce a chi ne è titolare (proprietario) il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico (art. 832 Cc). La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge (art. 42, comma 2, Cost.).
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Esser in possesso non vuol dire esser proprietario di un cane
Accanto al concetto di proprietà esiste quello di “possesso”, che si distingue dal primo perché non corrisponde a un diritto, ma a una “situazione di fatto”.
Questa consiste nell’utilizzare una cosa o nel disporne, nei modi e con i poteri tipici del proprietario (art. 1140 Cc).
Ne deriva che un proprietario, che sia stato spogliato del possesso di un proprio bene e lo ritrovi nelle mani di un terzo, potrà chiederne la restituzione, ma a tal fine dovrà provare in giudizio la piena e legittima titolarità del suo diritto su quel bene (l’esistenza del suo diritto di proprietà).
Per contro, la persona che nel frattempo ne ha ottenuto (in buona fede) il possesso potrà limitarsi a dichiarare di volerlo mantenere proprio in forza della regola per cui “possesso vale titolo”, senza dover provare altro.
Una volta poi che il proprietario riesca a dimostrare il titolo del proprio diritto di proprietà, spetta al possessore l’onere di provare il titolo del possesso o della detenzione, qualora voglia continuare a opporsi alla sua restituzione (ad es. dimostrando che sia stato a lui attribuito il godimento del bene, in via negoziale, in forma di deposito, ecc., per un periodo non ancora esaurito).
Iscrizione all’anagrafe e il pedigree sono prove documentali
L’iscrizione all’anagrafe regionale degli animali d’affezione (la banca dati che costituisce il registro ufficiale dei cani presenti sul territorio, iscritti e identificati con un microchip) e il pedigree possono essere considerati prove documentali, la cui veridicità al momento dei fatti e in quello in cui sono esibite deve però poter essere dimostrata.
Una prova documentale più stringente può essere fornita producendo la fattura relativa all’acquisto del cane, debitamente sottoscritta dal venditore e accettata dall’acquirente, che abbia una data anteriore alla controversia e non sia superata da altra prova di contratto stipulato in un tempo successivo.
Potrà essere, poi, dirimente poter produrre un titolo in forza del quale dimostrare un motivo per cui il cane si trovi presso il terzo (un contratto di vendita con riserva di proprietà, di deposito, ecc.); un titolo cioè che, letto nell’interesse del proprietario, dimostri che questa persona aveva il cane momentaneamente, ma era tenuto a restituirlo.
FONTE: La Settimana Veterinaria