La grande dipendenza dagli elefanti e dai cavalli nelle guerre determinò una rivalutazione estrema del ruolo veterinario specifico.
Nel gran numero di medici specializzati per gli animali, il dottore degli elefanti era una professione ben definita.
Palakapya è una leggendaria figura del periodo epico ritenuta l’autore dell’Hastiayurveda, libro dedicato al dio Ganesha che cominciava con le preghiere vediche.
Il testo descrive le caratteristiche della vita degli elefanti e di loro problemi di salute, ma purtroppo non ci è arrivato completo nella traduzione.
Vi si afferma fra l’altro che gli elefanti allo stato libero/selvatico raramente si ammalano, al contrario di quelli in cattività, che hanno molti problemi di salute.
L’opera suddivide le malattie in quattro categorie: introduzione e patologie maggiori, indisposizioni minori e veleni, chirurgia ed ostetricia, terapeutica.
La contenzione rappresentava ogni volta una sfida, dato che l’elefante era un animale solo parzialmente addomesticato: per sedare questi soggetti vennero anche identificati dei punti cutanei da trattare mediante l’agopuntura.
Gli elefanti impiegati per il lavoro tendevano ad essere sovrasfrtuttati, e alimentati con diete insufficienti, che portavano spesso a cachessia e coliche.
Per aumentare l’aggressività di questi pachidermi impiegati in guerra venivano loro somministrate bevande alcoliche: erano frequenti le lesioni traumatiche, come ferite, frecce impiantate o fratture.
Nelle battaglie venivano impiegati come i moderni corpi corazzati, per demolire le fortificazioni e trasportando gli eserciti attraverso le aree montuose o i fiumi bassi e le zone paludose, creandosi delle aperture fra le truppe nemiche per i soldati avanzanti.
Addestrati e curati (ieri come oggi, i mahouht), erano protetti con finimenti/armature di cuoio, ma potevano imbizzarrirsi e impaurirsi per il fuoco.
FONTE: Praxis Veterinaria